15 novembre 2021

La söpa, la minéestra cuada, la zuppa degli Affaitati e il pesto alla cremonese (la pistàada)

"...se l'è mia söpa l'è pan bagnàt". La frase in dialetto cremonese significa letteralmente "se non è zuppa, è pane bagnato" ed è un modo di dire che indica un paragone tra momenti simili ma è anche una formula di un cibo come la zuppa che è composta sostanzialmente da pane annegato nel brodo.

Nel VI secolo d.C. Oribasio ritiene che la voce "suppa" possa essere di origini orientali, ma suppone anche una origine greca da psomòus "pezzi di pane" che diventerà zuppa in "Panem calidum in bullentem mittis, et mox dabis manducare calidasi zuppas".

Sope nel XIII secolo in Francia diventrà soupe, mentre söpa in dialetto cremonese suona esattamente uguale nel lessico anglosassone antico, per Dante nel purgatorio XXXVI diventa suppa, mentre in Germania è Suppe da Suppig (bere sorseggiando) e Saufen (bere rumorosamente).

La zuppa a Cremona è "minestrada da la residoura", dal latito "ministrata" (somministrata) dalla padrona di casa.

Il 1525 rappresenta una data storica importante: Francesco I di Valois si candida ad imperatore del Sacro Romano Impero ma viene sconfitto da Carlo V che lo imprigionerà nella torre di Pizzighettone. Nasce in quell'anno, in un remoto angolo della Pianura Padana, la regale zuppa alla pavese costituita da  pane e uova immerse in un brodo bollente di carbne e offerta allo sfortunato Francesco in fuga.

La ricetta offerta al principe riproponeva la tradizionale abitudine di aggiungere al brodo nutrienti disponibili al momento in casa. Uova, mandorle, fagioli, verze ma anche e soprattutto pane insaporito con la famosa "pistàada" di lardo.

Il dialetto cremonese identificava la zuppa anche con il termine "minestrassa", in alcuni casi si creava uno sformato di pane e brodo che cuoceva a lungo sul fuoco (el cusiva et el cuava, cioè cuoceva e covava). 

Giorgio Maggi

                                                                      LA ZUPPA DEGLI AFFAITATI

Vincenzo Campi dipinse per Hans Fugger, banchiere tedesco la cui famiglia finanziò i viaggi di Magellano, una serie di quadri raffiguranti pescivendoli, cucine, pollivendole, ortolane tutt'ora custoditi nel castello di Kirchheim presso Augusta. Anche uomini d'affari cremonesi (come gli Affaitati) avevano rapporti con i Fugger. Di ritorno da Augusta, Vincenzo Campi scrive al fratello Antonio a Madrid, riferendo di una particolare zuppa che Hans Fugger aveva enormemente apprezzato nel palazzo degli Affaitati. La ricetta gli viene dettata in tedesco dal Fugger e tradotta diceva: se vuoi fare una zuppa alle mandorle, come i Fugger hanno mangiato a Cremona, prendi un semmleibrot (pagnottina rotonda), cucinala e versaci il latte di mandorla, se vuoi aggiungi il trito di pollo, potrai avere la tua zuppa. 

                                                                    IL PESTO CREMONESE (La pistàada de làart)

Nelle dispense dei contadini e agricoltori cremonesi non manca il lardo e con questo si prepara un pesto che non ha niente a che vedere con quello di Genova, nè ha pretese competitive.

Questo pesto è chiamato comunemente "pistàada" e viene messo nelle minestre e negli intingoli. La quantità varia ovviamente a seconda del numero di commensali e della qualità dei piatti: nella pasta e fagioli, nella trippa, nelle verze se ne mette di più.

Vi sono donne "patite" di questio pesto che arrivano a metterne una punta di cucchiaio perfino nei brodi di carne. Certamente dà un sapore tutto particolare al cibo: se fosse un vino si direbbe pastoso, morbido. Quando si mette il pesto è importante che la cottura sia prolungata.

Per un brodo di verdure, per esempio, la pentola con l'acqua, il pesto e naturalmente le verdure, vanno messe sul fuoco molto presto per acquistare quel sapore particolare.

 Gli ingredienti della pistàada sono: lardo, prezzemolo, aglio tritati finemente. La quantità varia a seconda dei gusti: più o meno prezzemolo, più o meno aglio. 

La polenta abbrustolita spalmata di pistàada era assai gradita ai contadini come colazione. (Lidya Visioli Galetti)

Nella foto un quadro di Emilio Malenotti (1913-1999) dal titolo "la zuppa"


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