10 giugno 2021

Pau dei Negrita a Cremona per il PAF: “La musica mi ha salvato l'anima ma in quest'anno di pausa forzata mi sono riscoperto disegnatore e grafico. Una sorpresa anche per me”.

“La musica per me è ossigeno. E' venuta a prendermi e a salvarmi l'anima. Con il fermo forzato a causa della pandemia, però, non sono riuscito a scrivere neanche una canzone, così ho dovuto incanalare la mia creatività da un'altra parte”.

Da cantante e frontman dei Negrita, Paolo Bruni, per tutti “Pau”, si è scoperto disegnatore, illustratore, artista grafico. In realtà, la sua è stata una ri-scoperta: “Questa non può essere per me una dimensione nuova. Disegno da quando ero piccolo. Figurati che ho cominciato disegnando i personaggi della Disney”.

E sì che a guardarlo tutto ti verrebbe in mente fuorché la Disney. Alto, in forma, la posa da rocker, gli abiti scuri, gli occhiali Anni '70, il piglio del ragazzaccio che per la sua band ha preso a prestito il titolo di una canzone dei Rolling Stones e che una ventina d'anni fa non s'è fatto problemi a mollare un paio di ceffoni a un noto giornalista per una recensione non propriamente lusinghiera su uno dei dischi dei Negrita.

Ma quest'oggi a Cremona, a Palazzo Fodri per una delle tante iniziative messe in campo dal PAF (Porte Aperte Festival) Pau è uscito per qualche ora dal personaggio che da quasi trent'anni calca i palchi di tutta Italia e ha vestito con disinvoltura quelli dell'artista, presentando i suoi disegni e le sue opere di grafica e lineoleografica nell'ambito del vernissage “Un musicista e il suo Kaos creativo di scorta”. Kaos, con la “K” a tradire quella sua innata passione per il punk di fine Settanta.

Pau, ti conosciamo tutti come cantante, ma so che non sei nuovo all'arte figurativa.

“Sì, ho fatto studi di architettura e ho sempre nutrito interesse per il disegno, fin da bambino. Poi la musica è venuta a prendermi e a salvarmi l'anima”.

Adesso sei tornato al primo amore?

“Un anno e mezzo fa ho ricominciato a disegnare. Ho ripreso in mano i pennelli, la tavolozza e i tubetti di colore, ormai secchi. Erano dieci anni che non dipingevo”.

Un effetto collaterale delle restrizioni causa Covid?

“Sì, è stato un fermo forzato durante il quale non sono riuscito a scrivere nemmeno una canzone, così ho incanalato la mia creatività da un'altra parte”.

Con buoni risultati, a quanto pare...

“Beh, diciamo che è diventata una cosa semiseria. Sono partito da Instagram, poi ho aperto il mio sito (Pauhaus, dall'incontro tra il suo soprannome, il nome del movimento artistico di Gropius e la band inglese post punk Bauhaus; ndr), poi è arrivata la vendita online e adesso le mostre”.

Un bel salto...

“E' stata una sorpresa anche per me, ho scoperto capacità che pensavo di non avere. Posso dire che è stata una scoperta in me stesso”.

Rassicuriamo i fan dei Negrita: a breve vi riprenderete il palco, dico bene?

Beh, per me la musica è ossigeno, senza non si può stare. Abbiamo un'anteprima il 27 giugno alle Eolie, poi partirà il tour teatrale semiacustico dal 10-12 luglio al 22 agosto”.

Come ti senti all'idea di tornare su un palco?

“In quest'ultimo anno e mezzo sono uscito da quel mondo, ma è come andare in bicicletta. Si ricomincia da dove si è lasciato”.

I lavori di Pau, esposti nelle sale del chiostro di Palazzo Fodri, colpiscono, questo è fuori discussione. Spiccano i colori d'impatto, i soggetti, l'attenzione per il corpo femminile. Sono frutto, come spiega l'artista, “della sperimentazione e della continua prova a cui mi sottopongo, testando nuove tecniche e realizzando opere che spesso hanno in comune solo la mano che le ha create”.

Sul suo sito, Pau si definisce un “un curioso agonistico”. “Mi interessano molti mezzi espressivi – dice –, dall’inchiostro all’acrilico, dal linocut al graffito, dall’acquerello alla digital art, a volte mischiando più di un procedimento in un’unica opera. Non disdegno la grafica, la stampa e la tipografia. La scultura mi stuzzica, e sono certo che prima o poi arriverà”.

Nell'attesa che arrivi anche la scultura, allora, godiamoci le opere di un artista che ha saputo dare uno sbocco alternativo alla sua vena creativa, riuscendo a trasformare un periodo di profonda introspezione interiore – sebbene forzata – nella riscoperta di un lato di sé (una sorta di lato oscuro della luna, per restare in ambito rock) sopito da anni ma mai del tutto schiacciato dai watt di una delle band che ha saputo ritagliarsi uno spazio nella storia della musica italiana. Quella con pochi compromessi e tanto sudore.

Federico Centenari


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