11 ottobre 2021

George Schlieps, quel liutaio che curò i soldati inglesi menomati costruendo violini e custodie

Nel gennaio del 1942 lo spietato gerarca nazista Heydrich convocò e diresse la conferenza di Wannsee a Berlino. Quindici dirigenti del partito nazionalsocialista si confrontarono per organizzare con cinica e cruenta precisione, secondo mandato di Hitler e Himmler, la tristemente nota “soluzione finale” che avrebbe investito milioni di ebrei in tutta Europa partendo dalle aree baltiche. Stati come l'Estonia e la Lituania videro completamente eliminate intere generazioni di famiglie di origine ebraica che praticavano diverse attività, i sopravvissuti allo stermino razziale furono pochissimi i quali, dopo la seconda guerra mondiale, vennero accorpati alla Russia di Stalin.

George Schlieps era nato a San Pietroburgo nel 1894, alto circa un metro e ottanta centimetri, era figlio d'arte, di quella arte chiamata musica che vedeva, tra i suoi avi, compositori tra i più famosi dell'inizio del XX secolo. George però vede la musica e la sua vita non attraverso gli spartiti o la tastiera di un pianoforte ma attraverso il legno, ovvero quel materiale e quella tecnica le quali, unite alla passione danno vita ai violini.

Il percorso non è semplice e, all'inizio, George non riesce a portare avanti la sua passione, si dedica alla altrettanto nobile ma meno musicale costruzione di armadietti per camere da letto, attività dove capisce tanti segreti del legno. La rivoluzione russa arriva e l'artigiano lascia la città degli Zar; il viaggio è breve, basta attraversare il lago Ladoga e si trasferirsi in Finlandia dove George inizia a fare il liutaio sul serio, cominciando a costruire ma soprattutto a riparare, i violini di collezioni pubbliche e private. Il lavoro per lui comincia a funzionare agli inizi degli anni '20, dalla Finlandia si trasferisce in Svezia dove si sposa e mette su famiglia diventando, nel frattempo, il liutaio della Filarmonica di Berlino addetto alla riparazione e alla conservazione del suo grande ed antico amore, i violini della scuola cremonese, Stradivari in primis.

Gli anni '30 sono un buon periodo per lui, sia a livello umano che professionale, per cui decide di riavvicinarsi alla città dell'Hermitage, attraversa il golfo di Finlandia e si trasferisce a Tallin in Estonia, stato allora ancora indipendente dalla Russia.

Raccontata così la storia di George sembra quella di qualsiasi liutaio che intraprende la propria attività studiando metodi e tecniche di quella arte secolare e che quasi si emoziona come un bambino a Natale prendendo in mano uno Stradivari o un Amati. Infatti la storia di George non è altro che una piccola storia di vita anche abbastanza ordinaria in un periodo storico che diventerà drammatico per centinaia di milioni di persone, soprattutto dopo la conferenza di Wannsee.

Dal 1941 George e la sua famiglia vedono amici e conoscenti finire nelle fosse comuni o impiccati per la strada, fuggire è difficile, i nazisti non hanno remore contro i civili che vogliono andarsene anche se non razza ebraica.

Nell'agosto del 1944 la Germania si ritira dall'Estonia sotto la pressione dell'Armata Rossa che si sta dirigendo verso Berlino, per George è il momento ideale per fuggire, sono quei giorni confusi in cui i nazisti se ne sono andati e i russi non sono ancora arrivati. La famiglia Schlieps attraversa ancora quel piccolo golfo e riesce a raggiungere la Finlandia dove troverà riparo in attesa della fine della guerra. Dalla fine del 1945 l'ordinaria e per certi versi comune vita di George acquisterà una dimensione diversa ed unica, una dimensione che segnerà per sempre la storia di quel ragazzo che aveva cominciato costruendo armadietti per le camere da letto.

Con l'arrivo della Armata Rossa l'Estonia viene annessa alla Russia e George, che aveva passato la vita fuggendo prima dai bolscevichi e poi dai nazisti, diventa, a tutti gli effetti, uno sfollato per venire portato nel campo inglese per profughi di Bunde, nel centro della Germania, in attesa di decidere verso quale paese, con tutta la famiglia, trasferirsi.

Qui l'ufficiale inglese addetto alla gestione degli ospiti ascolta la sua storia con un interesse particolare, ama i violini e capisce il talento e la passione del liutaio ma non sa come far diventare una storia unica quella vissuta da George, che era fino ad allorauna storia così comune in un campo profughi. La liuteria sarà la chiave di volta della storia di George, perché il liutaio propone all'ufficiale una cosa nuova e bellissima,quella di spiegare e di far lavorare nell'arte tipicamente cremonese i soldati britannici feriti, menomati o psicologicamente sconvolti da sei anni di guerra.

La liuteria come percorso terapeutico per recuperare la fiducia o la voglia di vivere in persone che avevano vissuto drammi e situazioni spesso profondamente drammatiche. L'idea si dimostrerà una piccola gemma nel percorso di recupero dei civili e militari britannici feriti in vario modo dalla guerra, il Ministero del Lavoro inglese autorizzerà subito la proposta del liutaio inserendola nel programma della Corporazione per il lavoro dellepersone disabili, dando a George la possibilità di far costruire violini, o anche le custodie, ai soldati inglesi che ne facessero richiesta. Il lavoro era strutturato in base alle esigenze terapeutiche dei candidati: chi piallava, chi tagliava, chi preparava le vernici e chi le distribuiva. “120 giorni” disse George ai referenti del Ministero del Lavoro, “120 giorni servono a queste persone per fare un violino e, a volte, anche la sua custodia. 120 giorni in cui imparano a scoprire un mondo nuovo, loro li costruiscono e io finisco i dettagli”. Il progetto di George andrà avanti per anni tanto da arrivare a fornire 13 strumenti alla Filarmonica di Detroit fino a quando, verso il 1950, il liutaio non si trasferirà definitivamente a New York dove diventerà un famoso commerciante di violini anche cremonesi con negozio all'interno della Carnegie Hall.

Se la liuteria ha saputo trovare la sua massima espressione a Cremona idee come quella sviluppata da George darebbero la possibilità a molti di vivere l'emozione di creare un valore aggiunto nella vita quotidiana della città, un passo straordinario per ritrovare parte della storia secolare di Cremona.

 

 

 

Marco Bragazzi


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