29 settembre 2021

Quegli otto studenti-eroi che salvarono gli Stradivari e la viola Amati del Bolshoi dai bombardamenti tedeschi

Konstantin V. Tretyakov aveva una passione enorme per la liuteria e, ovviamente, come ogni mecenate russo che si rispetti, durante la seconda metà del XIX secolo, la sua collezione di strumenti, Stradivari e Amati in primis, doveva restare a disposizione per venir suonata dagli studenti più dotati e poveri del Conservatorio di Mosca.

La rivoluzione russa era lontana, gli aerei non volavano ancora e l'Italia aveva trovato da poco la sua unità mentre Tretyakov, che aveva sempre ammirato l'unicità della liuteria cremonese, dava inizio ad una storia incredibile tra tutte le storie di violini.

Quella collezione racconta una storia di sangue, speranza, guerre, rinascita, passione e violenza, quella collezione semplicemente racconta la storia dell'uomo degli ultimi 100 anni.

Siamo al 17 luglio 1918 ad Ekaterinburg quando la furia feroce ed omicida dei bolscevichi, che accompagnava la rivoluzione russa iniziata poco più di un anno prima, si abbatte sulla Famiglia Reale russa dello Zar Nicola II con la fucilazione sommaria di tutti i componenti della stessa bambini compresi. Nicola II aveva un oggetto a cui teneva moltissimo, una viola cremonese Amati che era uno dei pezzi più pregiati della sua collezione. Con l'inizio della rivoluzione Nicola II riuscirà a nascondere il prezioso arco cremonese nella speranza di poterne tornare in possesso una volta finita la tempesta rivoluzionaria ma non rivedrà più la sua amata viola che troverà “rifugio”, insieme ad altri strumenti, in un anonimo palazzo a Simferopol in Crimea.

Nel 1920 gli strumenti e la viola vengono recuperati e messi a disposizione della Collezione di Stato e del teatro Bolshoi, è la nascita di una passione unica per i cittadini russi che avrebbero potuto tornare ad ascoltare e gioire, con uno sguardo di speranza verso una nuova vita, gli studenti del Conservatorio e i musicisti del teatro Bolshoi suonare liberamente alcuni tra gli oggetti della liuteria più famosi al mondo. Passano gli anni e, pur nella ferocia repressiva del successivo “regime” staliniano, le opere musicali e i suoi principali attori, gli archi, potevano e dovevano continuare a suonare per portare avanti quel rapporto, spesso unico, tra la musica e lo sviluppo della società.

Sulla storia di amore e sangue di quegli strumenti sta per abbattersi una tempesta o meglio un Tifone, come il nome dell'operazione con la quale la Germania di Hitler puntava alla conquista di Mosca fin dal giugno del 1941. Nell'ottobre di quell'anno i tedeschi sono ad un passo dalla città, le cannonate colpiscono la metropoli con estrema facilità, la popolazione scava trincee a ridosso della periferia a poche centinaia di metri dai nazisti, chi può fugge già convinto della prossima caduta della capitale, il Bolshoi cambia aspetto con un camuffamento che dovrebbe confondere i bombardieri tedeschi. Dentro quel teatro vi sono la storia e la vita di decenni di passioni e talenti, depositate tra gli applausi e gli strumenti dell'orchestra ma fuori, nel sobborgo metropolitano di Chimki, i tedeschi sono già arrivati e si preparano all'assalto finale per la conquista dei pochi kilometri che li separano dalla Piazza Rossa.

La città, nel panico, ordina l'evacuazione a Samara di tutti coloro che non sono attivamente coinvolti nella estrema difesa dell'abitato musicisti compresi, nel caos totale otto studenti dell'istituto di Cultura stanno scavando una sorta di rifugio sotto l'Hotel National dove permettere alle truppe russe di rifugiarsi per continuare a combattere quando la battaglia si fosse trasferita in città. Gli studenti si ricordano della collezione degli strumenti presente al Bolshoi, lasciano il lavoro di difesa e corrono verso il teatro, nel retroscena e nella buca sotto il palco gli Stradivari e la viola di Nicola II sono impilati con molti altri. Gli otto ragazzi non hanno un nome o meglio, non vengono ricordati come eroi, ma hanno una missione in testa, salvare quella collezione che, fino a pochi mesi prima, accompagnava gli applausi e il quieto vivere dei moscoviti.

Trovano un camion, caricano gli archi e corrono verso la stazione ferroviaria dove le persone si accalcano sui treni destinazione Kazan, riescono a caricare quel patrimonio di archi con alcuni di fattura cremonese su un treno insieme ad altre opere d'arte, sono momenti concitatissimi, il treno parte e, due minuti dopo, la stazione viene colpita e semidistrutta dagli Stukas tedeschi. Qualche giorno dopo, il 28 ottobre, una bombardamento distruggerà l'ingresso del Bolshoi e parte del proscenio, rendendo il teatro inagibile mentre gli Stradivari e la viola Amati venivano suonati nei piccoli teatri rimasti aperti nel centro della Russia o per i soldati che si addestravano prima di partire per il fronte.

Nel 1942 il teatro riparte in maniera zoppicante, pochi artisti, opere interrotte dagli allarmi antiaerei ma tantissima voglia di tornare alla normalità, gli Heinkel sono ancora in zona e non lesinano bombe sul centro di Mosca il Bolshoi subisce ancora alcuni danni, si richiude in attesa di tempi migliori. Nel 1943 i violini cremonesi sono testimoni della rinascita, il treno da Kazan si ferma a Mosca e loro tornano in scena nel teatro moscovita ristrutturato a tempi di record, forse tra coloro che si accalcheranno in platea e sui palchi per una sinfonia o per un quartetto d'archi ci sono anche quegli otto studenti che hanno permesso a quei violini, muti testimoni di secoli di storia, di poter ritornare a far vivere la città preservando alcune delle opere d'arte più importanti della storia russa.

Marco Bragazzi


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