19 gennaio 2022

Come San Facio, anche in questo tempo «ospitali e pellegrini verso Dio e verso gli uomini». Il vescovo Napolioni ha presieduto in Cattedrale la Messa nel 750° della morte di San Facio:

"San Facio fu veronese di nascita, ma cremonese per la dimora costante e i rapporti sociali…". La lettura di un riassunto della “Vita di San Facio”, testo medievale che ne descrive la biografia, introduce la celebrazione della Messa solenne nel giorno del 750° della morte del santo, presieduta dal vescovo Napolioni nella Cattedrale di Cremona, dove sono conservate – in un altare in cripta – le spoglie di Facio.

Nelle cronache del tempo è descritto come uomo di profonda fede, sostegno per le sue opere di carità che instancabilmente durante la sua vita lo spinsero a farsi carico con passione e generosità dei bisogni dei concittadini più fragili. «Decise con l’aiuto del Signore di istituire l’Ordine dello Spirito Santo, detto dei Fratelli del Consorzio. E così il benedetto servo di Dio Facio cominciò a sobbarcarsi le opere di misericordia, come se fosse ferito dalle piaghe della carità».

Quella carità che, aprendo la celebrazione Eucaristica, concelebrata dal vescovo emerito Lafranconi, dal vicario generale, dal Capitolo della Cattedrale e dai sacerdoti della città – il vescovo Napolioni ha ricordato come frutto ancora vivo dell’eredità di San Facio: «Vogliamo dire grazie al Signore – ha detto durante i riti iniziali –  riscoprire il messaggio, seguire le orme di uomini così veri da essere santi, così generosi da portare ancora frutto: un crescendo di solidarietà in città» di cui è segno «la Caritas diocesana che da 50 anni va incontro a chi più bisogno di conoscere Cristo carità del Padre».

Una ricorrenza che la Chiesa cremonese inizia oggi a celebrare e che ricorderà con iniziative e occasioni di incontro, formazione e riflessione durante il 2022, anno del 50° di fondazione, che culminerà con la solennità di un altro grande santo della carità, Sant’Omobono, il prossimo 13 novembre.

«Quanto è ricca la nostra Chiesa» esclama monsignor Napolioni nella sua omelia, dopo la lettura della parabola del Buon Samaritano dal Vangelo di Luca. «Non finiamo di conoscere il tesoro della Chiesa: perché i santi non invecchiano, non passano di moda».

È un pensiero colmo di gratitudine che percorre la riflessione del vescovo per quella che – ricordando San Facio e i santi «antichi e recenti» – definisce «la grazia dell’incontro».

Quello che la vita di San Facio, «cremonese d’adozione» e «orafo della vita», e il suo messaggio indicano è «l’essenziale della vita cristiana e della vita pastorale: è lo stile della carità. La carità – aggiunge – familiare e spontanea, e la carità sociale e politica che cambia la realtà in una chiave di giustizia , solidarietà, bene comune».

È la grazia di questo incontro a muovere il cambiamento. Un cambiamento – ha ricordato ancora il vescovo – per San Facio è passato dal rifiuto e dal carcere e che insegna «la vera legge della vita». Ricordandoil dialogo sinodale con un gruppo di operatori della carità monsignor Napolioni ha richiamato la bellezza del momento in cui chi si è lasciato raggiungere nel bisogno, diventa poi a sua volta capace di aiutare gli altri: «solo chi ha ricevuto amore impara a dare amore; solo chi ha conosciuto il dolore sa lottare contro il male ed essere luce di speranza per chi non ce l’ha».

«Da cosa ricominciare dopo questa pandemia?». La domanda cala sui fedeli in Cattedrale. «Su che cosa impostare una carità che vada incontro alle nuove povertà?».

Lo stile dell’incontro è la risposta. Lo stile che San Facio sperimentava nei suoi pellegrinaggi, fermandosi lungo la strada, in un gesto a cui oggi i ritmi della società non sono più abituati: «Noi oggi rischiamo di non cogliere la presenza del Signore che ci offre in ogni incontro la grazia di un rinnovamento della nostra vita».

Nel pensiero del Vescovo, però, emerge la grazia che anche nel «deserto» di quest’epoca possiamo riconoscere: la capacità di guardarsi negli occhi, di non giudicare ma di capire, di stare accanto, di portare anche i pesi degli altri… «Quante cose belle la Chiesa cremonese ha costruito anche in questi cinquant’anni – aggiunge riferendosi all’anniversario della fondazione della Caritas – case per dare ospitalità e senso di famiglia a persone che erano sole e disperate. Questo è possibile se qualcuno non resta indifferente. Non cede a quella che Papa Francesco chiama “la globalizzazione dell’indifferenza”».

È un «grazie» al Signore, a San Facio a concludere l’omelia con una ripresa della Lettera Pastorale che monsignor Napolioni ha dedicato proprio al santo di cui oggi si fa memoria: «“Ospitali e pellegrini”: sono due modi per non chiudere bottega. Noi temiamo di dover chiudere bottega, di non vivere più la fede in comunità palpitanti… ma se saremo ospitali, con cuore disponibile ad ascoltare, se sapremo che nessuna parrocchia è autosufficiente, che solo il popolo unito in cammino può testimoniare il Signore, allora saremo pellegrini tanto verso Dio quanto verso gli uomini, in quella saldatura inestricabile che esiste tra mistero e realtà».

La celebrazione è poi proseguita per concludersi in cripta, davanti all’altare che custodisce le spoglie di San Facio dove il Vescovo con i sacerdoti concelebranti e i rappresentanti delle cooperative e delle associazioni caritative presenti in Cattedrale, hanno portato una lampada che «arderà davanti alla sua urna fino al 13 novembre, segno della preghiera incessante della Chiesa cremonese per tutti coloro che il bene non solo lo pensano ma lo fanno davvero».

Dopo aver disposto la lampada sull’altare monsignor Napolioni ha pronunciato una preghiera di affidamento per la Chiesa cremonese prima della benedizione: «Un momento particolarmente bello da cui ripartire – ha aggiunto – rinascere con la grazia del Signore e l’intercessione dei Santi. Grazie a tutti voi»

 TeleRadio Cremona Cittanova


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