26 febbraio 2021

Così Cremona ha svenduto alla National Gallery di Londra le sue preziose tele di Boccaccino e di Marziale

L'imponente facciata neoclassica della National Gallery di Londra domina, insieme alla sua cupola, la visuale già decisamente turistica di Trafalgar Square. L'ingresso quasi sempre gratuito rende ancora molto più turistico questo luogo che da 200 anni raccoglie migliaia di opere d'arte provenienti da tutto il mondo. Due secoli passati dall'oblio iniziale di pochi quadri in una sede quasi ad uso domestico, con qualche stanza che poteva occupare distrattamente i turisti di inizi '800 per un paio d'ore, fino alla consacrazione odierna che la mette al centro della imponente piazza e del mondo culturale mondiale. Un passaggio enorme e pregevole quello della santuario delle arti visive per eccellenza, un passaggio sviluppato grazie alle donazioni di privati così come agli acquisti fatti dalla istituzione stessa.

Con la metà del 1800 la National Gallery comincia a diventare ciò che rappresenta oggi, il direttore storico di quel periodo, Sir Charles Lock Eastlake, cominciò a girare l'Europa alla ricerca di quadri e opere da inserire nella collezione, Eastlake faceva un lavoro “bruttissimo” per così dire, doveva acquistare opere di grandi pittori a prezzi risicati perché il comitato dei Garanti, o Trustees, che decide le acquisizioni, è formato da persone con il palato molto fino ma i cordoni della borsa molto stretti, in pratica il direttore doveva convincere sia i venditori che gli acquirenti. Eastlake fa un salto a Cremona, adocchia un paio di opere della famiglia Campi ma non riesce a portarne a casa neanche una, vuoi per il prezzo, vuoi per il gap linguistico o perché aveva gusti differenti. Con la sua scomparsa nel 1865 Eastlake lasciò l'eredità lavorativa a Sir William Boxall, anche ma soprattutto per lui valeva la morsa professionale dei Trustees del “paga poco e compra il meglio altrimenti trovati un altro posto”.

Nel 1866 Federico Sacchi da Cremona bazzicava gli ambienti artistici della City, una vita diversa dalle solite quella del cittadino nato all'ombra del Torrazzo e destinato da piccolo a prendere in mano la farmacia del padre. Federico non è molto avvezzo agli alambicchi e ai dolori dei suoi concittadini che necessitano di cure, studia legge e lingua tedesca a Pavia al prestigioso Collegio Ghisleri nel decennio del 1850 ma non mette a frutto né l'eredità parentale né quella dei suoi studi. Gironzola un po' in Europa, il suo talento enorme è quello di essere poliglotta quando non vi era neanche l'unità d'Italia e Alessandro Manzoni si batteva per avere “una sola lingua in tutta Italia”. I frammentari scritti lo collocano prima in Germania poi in Inghilterra dove, nel 1866, il buon Sacchi incontra quasi per caso Boxall a casa di mecenati italiani. Far di necessità virtù è il modo ideale per poter lavorare al meglio e così Boxall e Sacchi capiscono di avere bisogno l'uno dell'altro, Boxall perché si è ritrovato l'incudine sulla testa dei Trustees e parla solo l'inglese, Sacchi perché si è ritrovato senza farmacia e lavoro ma con cinque o sei lingue parlate in maniera pressoché corretta. Boxall capisce che Sacchi è un valore aggiunto e lo fa diventare suo segretario personale alla National Gallery, è il nuovo direttore e deve portare a casa risultati. “Dove andiamo a comprare quadri caro Federico?” “A Cremona, caro William, così ne approfitto per salutare i parenti. Devi solo convincere i Trustees che la Gallery ha bisogno di dipinti della scuola lombarda ma soprattutto cremonese”. I due otterranno un sospettoso via libera da parte dei capoccia e arriveranno in città poco dopo essere stati in Germania, qui Boxall non ha nemmeno la scusante del gap linguistico dato che Sacchi le trattative le conduceva verosimilmente in dialetto in piazza del Duomo o zone limitrofe.

Alla volta di Londra partiranno quella volta tre opere: uno di colui che un Largo dedicato in centro città, ovvero il ferrarese Boccaccio Boccaccino e la sua Cristo recante la Croce e lo svenimento della Vergine, mentre del veneziano ma cremonese quasi acquisito Marco Marziale La circoncisione e la Madonna col Bambino e i Santi. I Trustees però sono più feroci e sanguinari di mamma Orsa quando gli toccano i piccoli, “Boxhall e Sacchi spendono troppo e comprano opere minori” sembrava il tormentone non solo estivo negli uffici di Trafalgar Square ma, all fine, pur con i salti mortali e pagando a volte il cremonese di tasca propria, il direttore riuscirà a tenersi vicino Sacchi, il quale si sobbarcava una marea di lavoro, fino alla fine del suo mandato per motivi di salute nel 1874. L'eredità professionale di Sacchi è raccolta nei suoi scritti, tra cui il più conosciuto è “Notizie pittoriche cremonesi” dove, dopo il gonfalone della città, compare la riconoscente dedica a William Boxall, perché il buon Federico magari di talento con i colori non ne aveva ma, di certo, passare anni seguendo quella che è una tra le più famose gallerie del mondo ti rende capace di capire i quadri e il loro valore. Ai cremonesi resta il fatto di aver visto parte del patrimonio artistico prendere una destinazione lontana dalla città, realtà che, purtroppo, è accaduta troppo spesso nei secoli anche senza i saccheggi dei Lanzichenecchi nel XVI secolo. 

Marco Bragazzi


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