4 luglio 2021

Alessandro Capra, inventore del condizionatore

Se gli storici avessero ragione nel fissare la sua data di nascita verso il 1620, ricorrerebbe in questi mesi il quarto centenario di Alessandro Capra, architetto esperto d'idraulica, ma anche uno degli inventori più visionari del suo secolo.  Purtroppo non ci sono documenti che indichino con precisione gli estremi della sua vita. Tuttavia, da alcuni dati indiziari, è legittimo ritenere che Alessandro sia nato nei primi anni del sec. XVII: infatti, l'incisione inserita dopo il frontespizio del suo più famoso trattato lo dice, nell'anno 1672, di sessantaquattro anni di età. Tenendo anche conto degli inevitabili scarti fra l'esecuzione della lastra e la pubblicazione del volume, verrebbe confermato quanto asserisce il suo principale biografo, Giambattista Zaist, il quale pone la data della sua nascita "sul principio del secolo".  Nei suoi libri di architettura descrive una quarantina di macchine che oscillano tra l’utilità e il fantastico, tratte in parte dall’esperienza quotidiana dell’uso fatto in famiglia e parte frutto di autentica invenzione. Un vizio di famiglia il suo, visto che già il padre Agostino, e in seguito i figli Domenico e Angelo, erano stati esperti nella costruzione di macchine e si erano interessati ai problemi del controllo dell’erosione delle sponde del Po causata dalla corrente. Alessandro aveva aperto in casa sua, attigua alla chiesa di San Leonardo (un tempo all'angolo tra corso Garibaldi e via Goito), anche una bottega dove, oltre a svolgere i compiti derivanti dalla sua attività ufficiale di geometra o architetto, ma anche agrimensore, aveva sistemato le macchine di sua invenzione, grazie alle quali riuscì a ottenere non poche commesse anche dall’estero. Di queste macchine è rimasto il ricordo nel quinto libro della “Nuova architettura famigliare” pubblicata a Bologna nel 1678. Si tratta perlopiù di battipali, di macchine per il sollevamento e quindi di uso cantieristico, a fianco di altre per rassodare la pasta o setacciare la farina, e quindi di uso artigianale o familiare. Di una di queste dice: “Questa Gramola fu fatta l’anno 1632, e sempre si è adoperata fino all’anno 1677, à gramolare la pasta da far il pane alla mia famiglia di dieci, e quattordici persone, si si gramola alla volta un partone di pasta di un peso, e mezo comodamente, con un’huomo alla stanga, e l’altro a tener sotto la pasta”. Ma si tratta soprattutto di mulini, di svariati tipi, manovrabili da uomini, animali, oppure idraulici: meccanismi che nascono da esperienze, ingegnosi e semplici anche quando svolgono funzioni complesse. Spesso Capra presenta anche meccanismi curiosi, costruibili, ma di dubbia praticità o di applicazione molto limitata, come il ventilatore azionato da pesi mobili, di cui fornisce anche l’immagine e la scheda tecnica: “Bisogna dunque formare una ruota di legno sottile, e leggiera, mà grande nel suo diametro brazza 3 in circa, più o meno, in guisa che, con cinque o sei ventagli, di larghezza oncie 6, incirca, e oncie 12, in circa di lunghezza, posti in declivio nella sua circonferenza, coma la segnata P. riempia tutto il cassaro del camino. E parimente sa di mestieri aggiustare la stessa ruota sopra de’ poli, et a suo centro la ruotella, con’è dissegnato nella figura 32. Oltre ciò, s’hanno da formare due girelle R. entro la mazza del Camino, ouero in altro sito eminente, conforme al luogo che piace, poi attaccata una fune per un capo alla ruotella Q e ravoltatagliela attorno, si faccia passar con l’altro capo sopra una delle girelle R. à quello si attacchi un peso sufficiente, per muovere, e girare la ruota P. Mà perchè il peso, dopo hauer scaricato la ruotella Q. della fune, che se gli avolge attorno, non ha più forza di muovere la ruota, è necessario attaccare pure alla medesima ruotella altra fune per un capo volgendogliela intorno, come la prima; per l’altro capo passata sopra la seconda girella R. attaccarli un peso minore dell’altro, conciosiache tirandolo poi, scaricarà la ruotella della sua fune, e la caricarà con l’altra del peso maggiore, e si verranno à continuare con il moto della ruota, e suoi ventagli, le delizie del fresco”. Il raffreddamento delle stanze dalla calura estiva è uno dei temi che sollecitano maggiormente la fantasia del Capra, che inventa un rudimentale condizionatore sfruttando la presenza dei camini alla stregua di moderni termoconvettori e dell'acqua per generare flussi d'aria fredda. Il motivo è semplice: “Afinchè i Camini, in particolare di Sale, non restino mai oziosi, mà servino anzi e sempre il beneficio de' Padroni – scrive nel capitolo XXIX -  e così, non solamente d'Inverno per riscaldare, mà ancora per rinfrescare né giorni estivi, hò rissoluto, in gratia di quelli, che sono amici delle commodità, e delicie, come pur vaghi di curiose inventioni, mostrare uno, ò due artefici per l'intento, tralasciati cert'altri d'altre Nationi, che non fanno per la nostra Cremonese; imperoche non habbiamo noi i monti d'Alemagna, ove per la caduta dell'acque, ch'escono dalle caverne loro, si genera un vento assai freddo, onde non potiamo nè anche, conforme l'uso di quel paese, condurre il fresco nelle Stanze, fabricando canali di pietra quadri, ò rotondi con le carie loro aperture in faccia delle grotte, per ricevere il vento, e con le bocche ne' lati del Camino lunghe oncie una, e meza di diametro in circa, per mandarlo nella Stanza, come mostra il dissegno A, che così l'Estate, tenendo aperte le bocche, il Camino si rinfrescharebbe. Nè abbiamo le montuose cave del Vicentino, chiamate Covali, dove nascono venti freschissimi, e così non potiamo, ad imitatione di quegli habitatori, come riferisce Paladio lib. I cap. 27, per volte sotterranee indrizzar il vento fresco alle nostre Case, e con diversi canali, come sopra, ridurlo ne' Camini delle Stanze. Manco poi regnano quivi, come nella Persia i venti, che solo co formar la mazza del Camino nella guisa, che dice Pietro della Valle (grande viaggiatore del XVII secolo, ndr.) , e ne mostra l'effigie sul Libro de' suoi Viaggi per la Persia, si possa introdurre per la sua canna il fresco nelle Stanze. Dunque già, che non habbiamo dalla natura, né Monti, né Caverne, né venti continui, dobbiamo supplice con l'arte. Sò, per verità, l'ingegnoso lavoro, che descrive al proposito Gio. Battista Aleotti nel quarto suo Theorema (architetto ferrarese del XVI secolo, ndr), dopo l'Ora di Herone; mà, perchè è di gran spesa, non locoglio mettere avanti”. Ed ecco dunque la soluzione proposta dal nostro inventore cremonese: “Questa mi fu suggerita dalla caduta d'acqua nelle Fucine, poiché trovandosi ancora presso di noi Seriole, c'hanno l'acqua cascante brazza 4 ò 5 in circa, e però bastevole à generar vento freddo, il quale si può condurre nelle Stanze in questa guisa. Si faccia cadere à piombo l'acqua, per essempio dalla Seriola A: per il canale B, di oncie 3, ò meno di diametro in circa su la pietra C. che, col suo declivio, sopravanza la superficie dell'acqua cadente nella bocca del Tinazzo D. Poichè avendo questi immersa, oltre i piedi, l'inferiore sua parte nell'acqua d'abbasso, e chiusa la superiore, col fondo, sarà cagione, che l'aria fresca del Tinazzo continuamente da sé percossa, &agitata esali fuora con impeto per il canale E à rinfrescare dove con altri canali sarà indirizzata, & acciò non si dia il vacuo, sempre entrarà nel Tinazzo aria nuova, e sempre uscirà in vento nuovo, e fresco dissoluta, finche perseveri l'acqua della Seriola à cascare per il Canale nel medesimo Tinazzo”.

Oltre a questi meccanismi veri e propri Capra progetta anche una fontana perpetua che lui afferma di aver sperimentato con successo, al punto tale da essere costretto a nasconderla per non essere continuamente disturbato, ma che in realtà sarebbe secondo alcuni irrealizzabile. “Ancorche non si trovi alcuna cosa in questa bassa terra, che sia perpetua – scrive Alessandro Capra – nulladimeno con le mie deboli operationi, non hò mancato di congegnare qualche arteficio, che rappresenti un movimento perpetuo, mentre hò mostrata in publica contrada, avanti la mia Casa, il giorno del Corpo di Christo la presente Fontana perpetua, la quale fù veduta dal Popolo, e considerata da molti perspicacissimi ingegneri, e quella parimente fù esposta alla curiosità della Città molti anni cioè il 1643, 44, e 45 quale però, a cagione della troppo gran folla, e rumore degli Spettattori concordi, hò sempre tenuta nascosta, benche con mio danno, perchè sono stato pregato d'amici continuamente à mostrargliela con solo soddisfazione, e mio disturbo, e per questo io mi risolsi di lasciarla in abbandono, e tenerla appesa ad un chiodo, mà per soddisfare al desiderio, & alla curiosità di molti amici virtuosi, li quali hanno sempre desiderato di vederla, mi sono risoluto di dare alla Stampa la descrittione di essa Fontana accioche tutti sene possino servire”.

Lo stesso Capra, d'altronde, nell'introduzione al Quinto libro, avverte: “Non v'hà dubbio alcuno, che molti sono stari degni di lode, per le loro ingegnose inventioni nelle discipline Geometriche, e Matematiche, con le cui opere hanno honorate le Stampe, & arrichito il Mondo d'infiniti ritrovamenti di Machine; mà la maggior parte di queste sono state più facili à delinearsi in carta, che à ponerle in atto prattico, ò per le molte difficoltà, che insorsero nell'operatione, ò per l'esorbitante spesa. Mà io, che sono sempre stato desideroso di giovare ad ogni qualità di persona, esibisco questi delineamenti di Machine, benchè rozzamente espressi, & in legno intagliati, acciò con queste fabriche usuali, con niuna spesa, e con maggior facilità si possino ponere in opera, stimandole, à mio giudizio, di commune soddisfatione. Perchè s'havessi usato altro stile, tanto né miei discorsi, quanto nel forma dissegni, non tutti gli  haverebbero intesi, e la mia fatica sarebbe stata solo di giovamento a gl'intendenti: il che sarebbe stato contrario al fine di questa mia Opera”.

Sono invece probabilmente il frutto di attività teatrali, destinate a suscitare curiosità e meraviglia, le fontane pensili, che per effetto di pesi e contrappesi manovrabili a mano, zampillano in continuazione. Un’altra curiosità riguarda il metodo inventato dal Capra per suonare più campane contemporaneamente con un solo campanaro, grazie ad una serie di contrappesi. Un metodo frutto della sperimentazione, come spiega lui stesso: “Mi sono servito nelle occasioni delle balle di ferro dell’Artigliere, che furono sbarrate dai francesi nella guerra sotto la città di Cremona, l’anno 1648, e con le sudette balle ho fatti molti contrapesi in diverse occasioni di campane, e frà l’altre adì 19 dicembre 1675, fece accomodare la campana grossa delli RR.PP. Di S. Domenico, la quale per suonarla vi volevano almeno quattro huomini, per essere di pesi 200, e io gli feci ponere il contrapeso nel modo sudetto, e ora un’huomo solo la suona, e quando devono suonarla lungamente, con due huomini suonarà tutto il giorno”. E che dire del primo esempio di contachilometri? Il Capra propone il disegno di due carrozze a due e quattro ruote, con un meccanismo che permette di misurare il percorso compiuto attraverso una trasmissione basata su una vite senza fine. “Dunque-spiega – per mostrare la nuova inventione della Carrozza, e l'interpretato da Vitruvio, quale s'intese così, con un dente solo fisso nell'asse delle Ruote si possa far la Carrozza, che segna il numero delle Miglia, che si vanno facendo n' viaggi, e ne mostraremo due inventioni, una delle quali si può fabricare in una Carrozza con quattro Ruote, e l 'altra con la Carretta di due Ruote, detta da noi Sedia volante”. Riportiamo la versione per quattro ruote: “Prima si fabricaranno due Ruote A, che siano di larghezza nella circonferenza trè passi Geometrici, accioche, girando una volta, habbia fatto lo spatio delli detti trè passi Geometrrici, e facendo tanto viaggio, c'habbia girato mille giri, si havranno tremila passi, che sono trè Miglia d'Italia. Ftte, che siano queste Ruote, c'habbiano nel centro il capo delle Ruote, nel quale si ponerà dentro l'assale segnata B, che stia ferma, e soda nel detto capo delle Ruote, che girando le dette Ruote girerà anche insieme l'assale, la quale dovrà haver dentro fisso un dente lungo oncie 3, segnato C che voltarà la Ruota D, che sarà posta in piano ,e sarà larga di diametro oncie 9 & havrà denti 10 lunghi oncie 2 e meza l'uno, & havrà nel suo centro il carrello E di ferro con fusi 6 li quali si andranno ad incontrare con la ruota con la ruota F, G. c'havrà denti num. 60 e dovrà havere ne suo centro il carrello H con 6 fusi di ferro, come si è detto di sopra, che sarà girare la Ruota I.L. c'havrà denti 60 e nel suo centro havrà il carrello M con 6 fusi, che andrà ad incontrarsi con la Ruota N. O c'havrà denti 24 e questa dovrà havere attaccato nel suo centro la lancetta ferma, che girando la Ruota N.O. Gira anche la lancetta, insieme con la Ruota, la quale segnarà sopra della Ruota grande P. Q. dell'indice, che starà ferma, e gli sarà segnato sopra il numero di Miglia 12 li quali, facendo viaggio, restaranno segnati sopra l'indice quelle Miglia, che s'havaranno fatte, overo, che si andranno facendo nel viaggio”.

Fabrizio Loffi


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