7 novembre 2021

Dove sono i nostri Lincoln?

Il 6 novembre del 1860 viene eletto 16° Presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln, boscaiolo, avvocato e infine deputato dello Stato dell’Illinois.

Elvis Prelsey a fine carriera diceva di non sentirsi più un uomo ma un oggetto di design al pari della bottiglia di Coca Cola, e per Lincoln è successa la stessa cosa: la sua barba senza baffi e la tuba nera da 21 centimetri sono entrate nell’iconografia americana. Di queste grandi figure si finisce per ricordare pochi fatti e qualche stereotipata immagine: una barba e un cappello appunto, aver vinto una guerra civile e abolito la schiavitù, ed essersi fatto sparare, caratteristica in verità comune a molti altri Presidenti americani che non possono però vantare altrettante imprese gloriose. Ammesso che, come diceva il Maestro Yoda in Guerre Stellari, la guerra faccia mai qualcuno veramente grande…

Lincoln è uno dei grandi protagonisti degli archivi nazionali americani, tanto che nel 2018 la Library Of Congress degli Stati Uniti ha realizzato una versione aggiornata e digitale dei Lincoln Papers - https://www.loc.gov/collections/abraham-lincoln-papers/about-this-collection/ -  un enorme archivio online di manoscritti e altri documenti sulla e della vita dell’uomo e del grande Presidente. Ci si trovano tra le migliaia di documenti e decine di fotografie, anche le bozze del glorioso discorso di Gettisburg e quelle del Proclama dell’Emancipazione, che portò poi al XIII° Emendamento e alla abolizione definitiva della schiavitù.

Altissimo (superava il metro e novanta che per l’epoca era una altezza surreale), magrissimo, dinoccolato e ciondolante, era noto per l’aria sorniona e tranquillizzante, la più totale ineleganza degli abiti, per le doti di grande oratore, e per essere un formidabile barzellettiere: leggendarie divennero le storielle ilari con le quali stemperava i tesissimi Consigli di Guerra. Era figlio di un boscaiolo delle foreste dell’Illinois, e crebbe nelle case di legno tagliando alberi come nei fumetti di David Crocket, in un’America ancora selvaggia e avventurosa, in cui i nuovi americani colonizzavano terre inospitali e pericolose. Studiò legge lavorando sodo, divenne un importante e ricco avvocato e si diede alla politica più volte con fortune molto alterne, fino a quando venne eletto Presidente in modo un po' inatteso e nel momento peggiore della pur recente storia americana: le tensioni tra il ricco ma schiavista Sud e l’ambizioso moderno ma povero Nord erano ormai allo zenit in una nazione che aveva meno di cento anni e rischiava di andare in pezzi e ritornare sotto il dominio delle potenze europee, scacciate col sangue dei patrioti del 1776.

Non sono uno storico della Guerra Civile né degli Stati Uniti, ma ho amato quella Nazione in cui tante volte sono stato e ne ho studiato la storia da appassionato, quindi non mi ci posso avventurare più di tanto. Il fatto è che il Sud era elegante e raffinato, ma soprattutto ricchissimo grazie allo sfruttamento degli schiavi afro-americani. Il Nord era invece molto più povero e grezzo, ma molto più atlantico e moderno, e aveva ben compreso che la concorrenza col Sud si poteva vincere solo togliendogli la forza lavoro gratuita dei neri. Questa giovane nazione era praticamente destinata a sfaldarsi: il Sud non avrebbe mai rinunciato agli schiavi e il Nord non aveva le risorse per imporsi. Abramo Lincoln capì prima e più di tutti che la fine degli Stati Uniti avrebbe voluto dire non solo la fine degli Americani, ma di tutte le nascenti o future democrazie del mondo. E non esitò a utilizzare il più atroce dei rimedi: la guerra civile. Americani che uccidono altri Americani. Una carneficina durata cinque anni e che sostanzialmente ha coinciso con la sua Presidenza. Fu infatti rieletto a guerra vinta e subito giustiziato da John Wilkes Booth, un attore di teatro sudista che gli sparò in faccia proprio a teatro: insomma, una morte che non poteva non completare la leggenda. “Sic semper Tyrannis!” gridò Booth mentre sparava: la frase, oltre che stemma della Virginia liberata dagli Inglesi, è anche quella leggendariamente attribuita a Bruto mentre pugnalava Cesare, e in effetti il potere e la fermezza di Lincoln nella scelta e nella conduzione della guerra ne fecero secondo molti un vero e proprio tiranno che non si preoccupò di ordinare la strage di migliaia di suoi concittadini  e le limitazione di molte libertà  pur di imporre la propria visione di patria e nazione, oltre che di liberare gli schiavi. 

Ma Lincoln era un capo vero: aveva visione, carisma, senso della patria e dell’esercizio del potere, ed aveva la determinazione di portare il fardello delle decisioni più tragiche per il bene più grande, la libertà degli schiavi e la tenuta della nazione e della democrazia. Vinse la guerra, salvò l’Unione, pagò con la vita. Oggi, nella nostra società di contraddizioni perbeniste, non riusciamo nemmeno lontanamente ad immaginare la schiavitù, e al contempo mai potremmo immaginare una guerra civile per eliminarla. Se avessimo lasciato fare all’ONU molto probabilmente i neri sarebbero ancora schiavi e gli Stati Uniti disgregati, e avremmo avuto una lunga guerra fredda tra Nord e Sud.

Oggi leggo di Marc Zuckerberg che sogna di creare un mondo virtuale che superi i confini di Facebook, e di Jeff Besoz che con i soldi di Amazon vuole colonizzare lo spazio, e penso che in fondo non sono poi diversi dai grandi predoni di lusso della storia Americana come i Morgan e i Rockefeller. Il problema è che non ci sono più i Lincoln, quelli che sapevano bene, come sta scritto sulla scrivania della Sala Ovale, che “the buck stops here”, il potere del denaro non va oltre questa soglia. L’impietosa narrazione dei social mi mostra ogni giorno figure di dubbia capacità che fanno carriere incredibili, ed io che ho fatto parte della classe politica italiana per dieci anni, anche se a livello locale, maturandone una tale disaffezione da lasciarla, negli ultimi tempi ne ho spesso rasentato il disgusto. E insisto a vedere il baratro dietro agli imbellettamenti della vita sui social e la politica degli slogan.

Quando D’Annunzio compì l’eroico  Volo su Vienna, l’Arbeiter Zeitung titolò infuriato “Wo sind unser D’annunzio!?”( dove sono i nostri D’Annunzio!?”).

Ecco. Dove sono i nostri Lincoln?

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

Francesco Martelli


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commenti


Massimo Martelli

7 novembre 2021 08:10

Bravissimo. Sono totalmente solidale con te. Persone sinceramente oneste non potrebbero pensare diversamente. Mi complimento ancora per lo studio storico approfondito che fai di ogni argomento. Brao