3 novembre 2021

La sanità, internet e il Paese che fa finta di funzionare

Dunque circa tre settimane fa cadendo sui gradini di un Tram mi sono procurato una ferita alla tibia. Vado al Pronto Soccorso del Policlinico di Milano alle 20.20 ed esco alle 00.45 con quattro punti di sutura, praticamente un’ora di attesa per ogni punto e vi assicuro che l’affollamento  del PS non era da offensiva del Têt, ma più da sala d’aspetto. 

I punti, molto verosimilmente non messi a regola d’arte, cedono, la ferita si infetta e passo alle auto-medicazioni quotidiane e agli antibiotici. Ed entro così nel limbo sanitario di una ferita aperta, ancorché banale. Ho una impegnativa urgente per una visita vulnologica da effettuarsi entro 72 ore da lunedì 25 ottobre. Per giorni provo e riprovo a contattare il call center di Regione Lombardia senza riuscire a parlare con un operatore e spesso senza nemmeno riuscire a prendere la linea. Contemporaneamente provo a prenotare con il sito internet che regolarmente mi risponde che non c’è nessuna visita disponibile né in tutta Milano né in tutta la provincia di Cremona. Vado quindi in PS a Niguarda dove accedo in codice bianco dopo ormai 5 giorni e vengo ricevuto da una infermiera che si mette a fare questioni sulla opportunità che io mi presenti in PS per una cosa del genere (senza aver nemmeno visto la ferita) e in più pretende, nonostante sia doppiamente vaccinato, di farmi un tampone rapido covid. Aggiunge peraltro che nessun chirurgo mi avrebbe visitato ma forse un medico generico.

Lascio indignato la stanza e scrivo al Direttore Sanitario per esprimere tutto il mio disagio.

Nel frattempo mi auto-medico giornalmente la ferita affidandomi come nell’antichità alla Vis medicatrix naturae, come diceva Aristotele, la forza medicatrice della natura. 

Finalmente dopo una settimana riesco a parlare con una operatrice del call center che mi dice che ormai la mia impegnativa, essendo d’urgenza, valeva 72 ore e quindi non era più valida: ed è così che sulla povera operatrice scarico un liberatorio “vaffa” che da ormai 10 giorni covava sotto la cenere di quello che rimane di un sistema che non funziona più ma se la canta e se la suona da solo. 

Perché? Come è possibile che siamo ridotti così perfino quando in gioco c’è la salute, e cioè affidati tout-court a dei sistemi di prenotazione telematica che non funzionano e a degli inermi e anche inadeguati operatori telefonici che non sanno dire altro che “non è colpa mia”?  E’ così con le utenze della luce e del gas, è così con le multe, con le gestione dei nostri soldi, è cosi con tutto. Eppure, la TV e internet sono pieni di spot pubblicitari dove pare che  enti e aziende stiano salvando il pianete dalla distruzione con il progresso la ricerca e la loro straordinaria bravura. La comunicazione che va da una parte, perché se non comunichi il bene e il bello non esisti, e la realtà che va da un'altra parte perché non ha perso il suo atavico vizio di essere reale e strafottersene della comunicazione. 

La tecnologia che ci è stata imposta come qualcosa che avrebbe risolto tutto, è diventata al contempo la scusa per giustificare le inefficienze e insieme ridurre il personale, tagliare completamente il rapporto diretto tra utente e istituzione, deresponsabilizzare il sistema e le persone.

Questa spaventosa progressiva e inarrestabile marcia della tecnologia ci sta praticamente mettendo nella paradossale condizione di non poter incidere su nulla, ma di dover dipendere sconfitti in partenza da un sistema che non può funzionare per una semplice ragione, e cioè che pensa di poter sostituire l’uomo invece di supportarlo. E in questo è mortale complice l’italica propensione all’effimero e alla pigrizia…Chissenefrega, poi mi faccio uno spritz. In questa indolenza mascherata da savoir vivre c’è un Paese intero che sprofonda nell’inefficienza e fa finta o non vuole rendersene conto. Per far funzionare le cose non basta un software, ci vuole dedizione, e la dedizione è fatica, oltre che controllo premio e sanzione, perché devi premiare chi fatica e punire che non fatica. Ma del resto, punire e premiare sono una faticaccia! La fatica non la vogliamo più. Vogliamo solo le cene e le gite fuori porta, gli apertivi, i selfie goderecci e i giochini scemi sugli smartphone. 

Con il solo risultato che poi tutta la vita in Italia diventa una fatica assurda: lo diceva anche il grande Kounellis che “vivere in Italia è già di per sé un mestiere difficilissimo…”.

“La Nazione unita non prende ordini da nessuno” diceva Jean Bailly durante la Rivoluzione francese. Invece la Nazione rimbambita si fa mettere nel sacco da tutti.

Auguri.

 

 

Francesco Martelli


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commenti


Luigia

4 novembre 2021 19:50

Condivido pienamente il suo pensiero, la sanità ormai fa acqua da tutte le parti.Mio figlio, 45 anni, affetto da sclerosi multipla, deve sottoporsi ciclicamente a una svariata serie di esami. Per una Tac il tempo di attesa negli ospedali del cremasco è di un anno. Non accettano più prenotazioni in quanto il carnet è completamente pieno. Per altri accertamenti da fare al SanRaffaele a Milano dove lui è in cura, occorre prendere appuntamento ( ora è giorno) per recarsi a prendere appuntamento ( un’assurdità). Tenendo conto che non abitiamo a Milano e che mio figlio come conseguenza della malattia, ha avuto una lesione ad un occhio per cui non può guidare è facile capire come la cosa risulti difficoltosa

Martelli

4 novembre 2021 20:44

Mi dispiace ovviamente moltissimo. Troppe cose non vanno. Il punto è dobbiamo trovare un modo per cui un cittadino possa essere aiutato almeno nelle difficoltà organizzative. E questi tempi così lunghi francamente andrebbero almeno motivati dal sistema.