12 gennaio 2022

Palazzo Ala Ponzone inadeguato come spazio per uffici. L'ultimo piano (un tempo museo) ancora inagibile

La recente pubblicazione “Storia e allegoria di Palazzo Ala Ponzone” edita nella la collana dei “Quaderni” de “La Scuola Classica di Cremona” dall’Associazione ex Alunni del Manin, grazie anche al contributo dell’Ordine degli Architetti di Cremona, mi ha permesso di indagare la straordinaria avventura culturale del Marchese Giuseppe Ala Ponzone, che tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo XIX° si è prodigato per ricostruire il palazzo di famiglia al fine di renderlo la sede del museo privato di famiglia.

Il museo privato Ala Ponzone è un invito quasi paternalista a condividere la cultura comune della città, nei suoi aspetti migliori, per contribuire a una visione consensuale e positiva della comunità. La sua istituzione aspira a far risaltare la capacità di creazione, invenzione e immaginazione degli artisti cremonesi: in questo senso vuole essere anche una risorsa per erudire e far progredire la cittadinanza. Le collezioni del Marchese, grazie a un lascito, divennero pubbliche e oggi sono conservate nel Museo Ala Ponzone. Se la collezione dei quadri, sculture antiche, monete, e quella ornitologica del Museo di Storia Naturale oggi possono dirsi ospitate negli adeguati spazi museali di Palazzo Affaitati, non si può può dire le stessa cosa per il Palazzo Ala Ponzone, che necessita ancora di importanti interventi di salvaguardia e di conservazione, nonostante si affermi nell’articolo  pubblicato su questo giornale che “ viene così restituito alla città un edificio risanato”. Sono certo che la frase riportata nel testo è stata fraintesa dal cronista. Infatti il piano ultimo del Palazzo Ala Ponzone non è accessibile e necessita di importanti restauri, che speriamo presto possano essere intrapresi, al fine di salvare alcuni locali, un tempo museo civico.

L’intervento sul Palazzo dovrebbe anche riguardare, a mio parere, la ri-funzionalizzazione dei locali del piano terra e primo, quelli verso corso Vittorio Emanuele III, che non possono essere più utilizzati ancora come uffici, in quanto non funzionali e sovradimensionati alle esigenze attuali. Questi spazi andrebbero restaurati e resi accessibili, immaginando una funzione di interesse pubblico, e sarebbe interessante conoscere il parere dei cittadini di Cremona, che potrebbero suggerire spunti utili a divenire idee nuove per arricchire in futuro il volto della città.

Un dibattito che permetta di accrescere la consapevolezza del valore della storia di Cremona e di quanto è sotteso nell’architettura del Palazzo Ala Ponzone, patrimonio che in ogni caso vale la pena di rivalutare per giungere a valorizzarlo nella giusta dimensione. La storia del Palazzo Ala Ponzone è stata, come si sa, una storia tormentata, e si potrebbe considerare l'architettura di Palazzo Ala Ponzone avulsa dal contesto sociale e urbanistico della città a causa delle improprie destinazioni che si sono succedute nel tempo. Si è delineato uno scenario di destinazioni funzionali complesse, la cui entità e durata hanno pregiudicato l’accezione del palazzo, abbozzata nel preludio della sua attribuzione in qualità di Museo e Scuola di Belle Arti. Se consideriamo le vicissitudini storiche del palazzo e l’attuale destinazione degli spazi interni, in parte abbandonati o male utilizzati, non possiamo non tener conto della contingenza storica che ci esorta a un cambiamento di prospettiva.

Enrico Maria Ferrari


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commenti


Gianluigi Stagnati

12 gennaio 2022 17:54

Stesso discorso riguarda la Loggia dei Militi, come evidenziato anche da un servizio di Antonio Leoni sul Vascello.
Per accedervi c'è un'angusta scala di 51 gradini, se non ricordo male.
Ci sono questi uffici: Ufficio Gestione Fiscali - Ufficio Unico Fatturazione Elettronica

Roberto Regonelli

18 gennaio 2022 15:37

Concordo pienamente.

Daniro

23 gennaio 2022 14:59

L'appello per una riqualificazione è condivisibile al 100 per cento. E varrebbe a mio parere anche per quel che riguarda gli spazi pubblici esterni con lo scenografico Corso che, dallo slargo che esalta la facciata del Palazzo, discende verso il fiume Po, ed ora ridotto ad uno squalifcante parcheggio a pettine.