17 gennaio 2022

Don Dante e i Piccoli Cantori “Prepari le parti. Prima o poi ci ritroveremo”

Da ragazzi, tutti i pomeriggi ci si trovava al Silvio Pellico per giocare fino che c’era fiato... e oltre. Ogni tanto compariva don Dante che ci portava uno ad uno in una stanza dell’oratorio per provare la voce accompagnandoci con un vecchio armonium. A me successe per due o tre volte con la conclusione in rigoroso dialetto: “Tè vèt gnamò bèen...”.

Finalmente un pomeriggio la conclusione fu diversa: “Véa venerdé séra a casa mia per lé pròove. Te mèti in di bàas…

Così cominciò la mia avventura canora di corista e da qui hanno inizio i tanti ricordi legati al grande prete musicista che è stato don Dante Caifa.

Quasi subito entrai nel gruppo dei grandi che affiancavano le voci bianche (tutti maschietti) e ricevetti la mia divisa, una tunica bianca com’era e forse è ancora tradizione in tutto il mondo, con cordone e croce pettorale in legno di colore verde: in fondo ad un cassetto li conservo ancora… con tanta nostalgia. Il coro solo maschile così costituito, aderì all’associazione internazionale dei “Petits chanteurs à la croix de bois” (detto anche “The Little Singers of Paris”), che inviava periodicamente le partiture da studiare. 

Questa associazione organizzava ogni due anni un raduno internazionale e da qui cominciò la grande avventura con, in particolare, il viaggio a Parigi ospiti di famiglie francesi. Viaggio rigorosamente in treno, accompagnati dalla signorina Filippini che, avendo il passaporto individuale, si faceva garante per il passaporto collettivo del gruppo (nel 1956 la Comunità Europea con libero transito alle frontiere era ancora un sogno).

All’arrivo di sera a Gare de Lyon, trovammo le famiglie che ci aspettavano per accompagnarci a casa loro; tralascio le mille disavventure legate soprattutto al fatto che le famiglie aspettavano dei “petits chanteurs”, piccoli anche di statura (e poi a quell’ epoca, secondo uno degli stereotipi su noi italiani, eravamo tutti piccoli), e che i letti previsti erano di misure molto ridotte.

Nei giorni di permanenza cantammo, assieme a seimila cantori provenienti da tutto il mondo, sia in “Notre-Dame” che al Velodromo d’Inverno con un pubblico di 20.000 persone e ripresa televisiva in diretta dell’unica rete televisiva nazionale francese: furono esperienze indimenticabili che, grazie alla passione di don Dante, ripetemmo a Roma e a Lourdes.

Poi, col passare degli anni divenne sempre più difficile reperire maschietti per il gruppo di voci bianche; tutto stava per finire nel nulla.

Però la voglia di cantare con don Dante prevalse e così nacque il “Coro 68”. Ma questa è un’altra storia che, più o meno correttamente, è stata già raccontata.

Il mio ricordo affettuoso per don Dante ha voluto andare indietro in tempi sicuramente belli anche perché legati alla nostra giovinezza. Così, caro don Dante oggi, a quasi vent’anni dalla sua morte, provo ancora dolore e un po’ di nostalgia e le rinnovo l’invito a tener pronte le parti e programmare le prove: prima o poi arriveremo tutti noi, suoi ex cantori, dove oggi è lei, per intonare, magari a quattro voci, uno splendido canto di gloria.

Giorgio Bonali


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