10 maggio 2024

Vino di vigna vs vino di cantina

 

C’è una cosa che mi ha sempre affascinato nel mondo del vino, che ho riscontrato da quando ho iniziato a frequentarlo, e che si può riassumere in tre parole: hanno ragione tutti.

L’ultimo episodio a conferma di questa tesi mi è successo proprio l'altro ieri, e te lo voglio raccontare.

Sono andato a visitare due aziende dello stesso territorio, non troppo lontano da Cremona.

Due aziende per certi versi simili: bravi, molto bravi i proprietari; e buoni, molto buoni i vini che producono.

Eppure da un punto di vista produttivo sono esattamente agli antipodi.

La prima azienda è la più storica del territorio, ed è sempre stata il faro della denominazione, anzi, per molti anni è stata praticamente l’unica azienda presente sul territorio a tenere viva l’antica tradizione vinicola di tutto il comprensorio, che nel frattempo si era orientato verso altre attività più remunerative.

I loro vini in passato erano molto opulenti, ricchi, ottenuti con macerazioni molto lunghe, estrazioni importanti, uve a volte leggermente surmaturate, e affinamenti in legno altrettanto lunghi e prolungati.

Oggi invece la nuova generazione, guidata in cantina da Mario (nome di fantasia, ndr), ha deciso di “alleggerire” i propri prodotti (invero è una tendenza globale e condivisibile), rinunciando ad un po’ di materia a scapito dell’eleganza e della bevibilità. Le macerazioni sono quindi più corte, le vendemmie a piena maturità e non oltre, gli affinamenti ancora lunghi ma in contenitori più neutri.

La gestione agronomica di Mario è biologica certificata, e le sue vigne insistono tutte su un territorio di alta collina.

Il suo pensiero è lucido e preciso: "voglio che nei miei vini tre vini rossi emerga soprattutto il “terroir” (bellissima parola francese che riassume tutti i fattori che influenzano un vino: terreno, vitigno, esposizione, microclima, ecc. ndr). Voglio che si senta la vigna, il vitigno ed il suolo, e per questo non operiamo più come in passato con eccessive estrazioni e contenitori di affinamento troppo marcanti, ma privilegiamo la freschezza e la beva. Da un punto di vista agronomico, rispettiamo la vigna e i suoi tempi e andiamo a vendemmiarla tutta in un unico passaggio, a piena maturità. La composizione dei nostri vini, stabilita dal disciplinare, è un uvaggio di quattro uve, che vengono vendemmiate, pigiate e fermentate tutte assieme, come si faceva una volta. Abbiamo la fortuna di essere in una zona collinare, molto ventilata, con terreni sciolti, e quindi non rischiamo che per aspettare la piena maturazione dell’uva più tardiva, quella più precoce possa andare in marciume, che è un fenomeno praticamente inesistente da noi. In questo modo possiamo vinificare ogni vigneto singolarmente, e rispettare così le differenze di percentuale di uve presente nella vigna e soprattutto la conformazione del terreno, realizzando tre etichette molto diverse tra di loro, pur provenendo dagli stessi vitigni e da vigneti che distano poche centinaia di metri l’uno dall’altro".

Bene, passiamo oltre.

Poco dopo la visita all’azienda guidata da Mario, mi trovo nella cantina di Luigi (altro nome di fantasia, ndr), che invece ha una storia e soprattutto una filosofia diametralmente opposta.

Luigi è un vignaiolo di prima generazione, essendo il primo della sua famiglia a campare di vino. Ha iniziato una quindicina di anni fa con poche vigne del nonno, e poi piano piano la sua azienda ha raggiunto una dimensione pressoché uguale a quella di Mario, sia per ettari vitati (circa 10) che per bottiglie prodotte (circa 40.000).

Luigi ha una gestione agronomica convenzionale ma poco interventista, non pratica diserbo chimico (sia mai!) e ha vigne sia in media che in alta collina.

Luigi, al contrario di Mario, raccoglie tutte le uve separatamente, e le vinifica singolarmente. Anzi, Luigi pratica uno step addirittura successivo: non solo vinifica ogni varietà singolarmente, ma addirittura, se nel vigneto coesistono filari della stessa uva allevati con sistemi differenti (che in zona si traducono in guyot per i nuovi impianti e in pergola per gli impianti storici), li vendemmia e poi vinifica separatamente (perché evidentemente la maturazione ottimale è in momenti diversi). Questo processo implica, ovviamente, una quantità di vasche in cantina sproporzionatamente maggiore rispetto alla reale necessità degli ettolitri prodotti, ma permette poi a Luigi di andare ad effettuare i tagli con le vasche che contengono il vino più adatto all’etichetta che sta realizzando. E così Luigi realizza quattro etichette di vino rosso della stessa denominazione di Mario, ma ottenuto attraverso il taglio delle quattro tipologie di vitigno necessarie, che concorrono con percentuali diverse per ogni etichetta. Percentuali che vengono determinate in cantina (rispettando ovviamente i range stabiliti dal disciplinare) assaggiando le singole vasche e botti in cui affinano i vini, e che quindi possono variare di anno in anno a seconda dell’andamento dell’annata.

E qui la domanda sorge spontanea: chi ha ragione? Chi compie la scelta più giusta?

La risposta parrebbe banale: chi fa il vino più buono.

Ma entrambi i produttori in questione, come ho detto in apertura, fanno vini buoni, molto buoni, in alcuni casi eccellenti, e spesso ricevono premi e riconoscimenti da tutta la critica enologica, Slow Wine compreso.

E quindi? Quindi, amico mio lettore, amica mia paritaria, in questo apparente ossimoro io ci trovo un fascino ed un’attrazione incredibili, che mi fanno amare ogni giorno di più il fantastico mondo del vino.

Andrea Fontana


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