16 ottobre 2021

Nietzche, Wagner e Hitler: quando l’evasione dalla realtà diventa distruzione

Il 15 ottobre del 1844 nasceva in Sassonia Friedrich Wilhelm Nietzsche, il filosofo che inventò il Superuomo ( o più correttamente l’Oltreuomo, Ubermensch, in tedesco) e che tanto è stato associato alle grandi rovine che le ideologie nazifasciste hanno causato al ‘900. Meriterebbe Nietzsche un editoriale dedicato, ma chi scrive lo ha sempre trovato troppo impegnativo (e anche pesante) per poterlo affrontare.

D’Annunzio (e poi a sua perenne imitazione Mussolini e molti altri fascisti) prese a modello il Superuomo di Nietzsche per le sue folli ed eroiche imprese guerresche e politiche, e molte sono le caratteristiche comuni anche al Futurismo di Marinetti. Fondamentalmente una sorta di belligerante menefreghismo verso qualsiasi manifestazione della realtà che non corrisponda all’impeto del proprio Io, a prezzo anche della propria vita e della distruzione di sé e della realtà ( Nous sommes pour le grandes idées qui tuent, scriveva Marinetti nel primo Manifesto Futurista, noi siamo per le grandi idee che distruggono e per le quali si può morire aggiungerà poi nelle versione italiana). In effetti è l’esatto estremo opposto dell’uomo-supercovidizzato di oggi, che invece accetta una esistenza surrogata pur di poter sopravvivere a qualunque costo, ed è ovvio che oggi Nietzsche è praticamente sparito dall’orizzonte e relegato nelle fogne del nazifascismo. Ma agli inizi del ‘900 le pulsioni distruttive verso la società aristo-liberale e decadente di allora per costruire una nuova collettività completamente diversa, anche a costo della guerra totale, erano molto più feroci e diffuse di quanto oggi pensiamo. La partita si gioca però tutta nella cultura germanofona dell’ormai vetusto impero Austriaco e dei muscolosi e furiosi Reichs tedeschi, prima di Guglielmone e poi di Hitler.

Per la verità, anche Nietzsche ebbe un antesignano: Il Prometeo ed Epimeteo di Carl Spittler, che per primo in questo romanzo-poema surreale, misto di mitologia greca e kultur tedesca, teorizzò la distruzione di sé come unica via per affermare il proprio passaggio sulla terra: dice infatti l’eroico Prometo all’invidioso fratello Epimeteo, in una sorta di sentimentale omicidio-suicido finale della lotta tra fratelli, che “ci si può del resto, alla fine, consumare lentamente anche in due”. La fine dell ‘800 e l’inizio del’900 furono insomma un periodo convulso tra violenze anarchiche e visioni oniriche, tutte e due aventi come comune denominatore la ricerca di una realtà diversa da quella borghese: o con la distruzione violenta di quella esistente o con la fuga in una parallela idealizzata. 

E se la politica era anarchica e bombarola, l’arte era senza dubbio onirica, dal greco “òneiros” e cioè che ci porta nella dimensione del sogno, del chiaroscuro, del crepuscolo e dell’inconscio. Non per niente proprio in quegli anni il neurologo Sigmund Freud sconvolgerà il mondo addentrandosi nell’inconscio e nell’ipnosi e uscendone poi con la psicanalisi in fasce.

In pittura trionfano il secessionismo viennese di Klimt e il simbolismo cimiteriale di Bocklin, ed in musica c’è un solo nome che governa le menti di tutti come un gigantesco ipnotico magnete: Richard Wagner, il sommo sacerdote della dimensione onirica nella musica, che è anche lo straniante filo rosso che collega tutti i personaggi della nostra storia.

L’influenza di Wagner sulla cultura tedesca è incommensurabile, e della sua stravolgente potenza alienante e onirica hanno scritto fiumi di parole invasate i più grandi intellettuali: Nietzsche ne fu folgorato fino all’odio, Thomas  Mann innamorato fino al pentimento, e perfino l’inglese George Bernard Shaw ne scrisse una guida al perfetto discepolo, ma ci fu un pessimo pittore austriaco ridotto alla fame che ne fu travolto al punto da decidere di cambiare la storia dell’umanità: Adolf Hitler.

Prima del famoso Putsch di Monaco, il fallito colpo di stato che lo portò nelle patrie galere a scrivere il Mein Kampf, il giovane Adolf andò per ben trenta volte ( sì, 30) a rivedere il Parsifal di Wagner nell’innovativo teatro voluto dal Maestro a Bayreuth per trarre la giusta esaltazione ispiratrice dell’impresa. Nei modelli in scala della sua Berlino immaginata capitale del mondo germanizzato e disegnata dall’architetto Albert Speer, Hilter volle una gigantesca cupola, la più grande mai realizzata dall’uomo, la Volkshalle, la Sala del Popolo (tedesco ovviamente) a immagine della Sala di Montserrat, dove i cavalieri wagneriani del Santo Graal si riunivano per salutare invasati il sanguinante eroe Parsifal. Insomma un tentativo di trasformare in realtà la dimensione onirica wagneriana, che presupponeva però la distruzione della realtà esistente con la guerra e la conquista. Ecco che torna il Superuomo disposto a distruggere se stesso e il mondo intero pur di affermare la propria visione della realtà. Pare addirittura che Hilter non prendesse sonno se non a tarda notte e solo se un debosciato caporale della Wermacht non gli suonava Wagner al pianoforte. Non per nulla nel film “Operazione Walchiria” Hitler pronuncia quasi solo una frase: “Se non si comprende Wagner, non si può comprendere il Nazionalsocialismo”.

Roba da matti? Assolutamente si. Eppure, quella esaltazione onirica da pittore squattrinato unita alla violenza anarchica dell’emarginato, fecero di quel pazzo l’uomo più potente del mondo per dieci lunghissimi e terribili anni.

Scrive Thomas Mann nei Buddenbrok, quando il giovane e malato rampollo Hano si reca a vedere il Loegnrin di Wagner: “Aveva sentito quanto male ci possa fare la bellezza, come possa gettarci nella vergogna e nella struggente disperazione, e annientare tuttavia in noi anche il coraggio e la capacità di vivere la vita comune”. Così come si pentì pubblicamente di essere stato troppo wagneriano, Mann si pentì altrettanto pubblicamente di essere stato filonazista agli albori del movimento. 

Gli archivi della Nuova Cancelleria del Reich di Hilter furono ahinoi distrutti dai Sovietici nel ’45 assieme a tutto il palazzo, con un danno enorme a provare fatti e misfatti del Regime, ma gli Archivi Nazionali del Wagnermuseum di Bayreuth sono oggetto di un enorme lavoro di digitalizzazione che presto li renderà fruibili a tutti, raccontandoci nuove e vecchie storie di bellezza e di paura.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

 

Francesco Martelli


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commenti


Divo

16 ottobre 2021 07:33

Opere come Tristano Isotta e Parsifal furono ignorate dai nazisti. Nietzsche contro Wagner causa Parsifal. Non si domanda il perchè?

Martelli

16 ottobre 2021 11:22

Egregio Divo, apprezzo le critiche forse più dei complimenti. È però molto difficile dibattere via commento. Ma sappia la La leggo.
Cordialmente

FM