10 luglio 2021

"La politica? Troppo chiusa tra le mura del Palazzo, il sistema va riformato". Dal nazionale al locale: Luciano Pizzetti a tutto campo

Non perdiamo tempo in presentazioni perché Luciano Pizzetti, già senatore e oggi deputato per il Pd, a Cremona non ne ha certo bisogno. Da sempre voce autorevole del centrosinistra locale, Pizzetti ha una visione politica a tutto tondo, tanto sul piano nazionale quanto su quello locale. Soprattutto, non è nel suo stile sottrarsi a qualsiasi genere di domanda, come dimostra la lunga intervista che ha concesso a Cremona Sera e che riportiamo qui di seguito.

Onorevole, partiamo con un tema che negli ultimi mesi è letteralmente "esploso" a Cremona: l'ambiente e le criticità del nostro territorio.

Penso che si debba fare di più. La condizione ambientale che viene registrata è oggettivamente critica. Oltretutto la nostra criticità non è determinata da fattori indotti. Voglio dire, dal punto di vista imprenditoriale non è che Cremona sia al top per gli insediamenti industriali e il traffico veicolare è quello che si registra in tutte le città. Abbiamo allevamenti intensivi zootecnici, ma questi sono un tratto del nostro sistema economico. Per cui ci sono alcuni elementi che sono imprescindibili. Poi c’è la condizione vera che è quella di carattere orografico, lo dice anche la recente ricerca (che pone Cremona al secondo posto in Europa per inquinamento; ndr): siamo in una condizione in cui il ricircolo dell’aria è debolissimo, siamo nella conca padana. Quello che dobbiamo fare è sollecitare il sistema sia pubblico che privato per attivare interventi sempre maggiori di filtraggio e far sì che la qualità dell’aria migliori. Quella ricerca ci dice che le Alpi impediscono la circolazione. Quello che dobbiamo fare, allora, è chiedere al sistema delle imprese e al sistema pubblico di avere sempre maggiori interventi di abbattimento delle sostanze inquinanti. Il sistema delle imprese lo sta già facendo: i principali imprenditori cremonesi emettono al di sotto degli indicatori dati dal’Europa e dall’Italia.

Ma non è sufficiente, evidentemente...

Occorre fare certamente di più, senza colpevolizzare nessuno e senza ritornare all’età della pietra. Non è che possiamo chiudere le industrie, togliere gli allevamenti, impedire la circolazione: bisogna andare a correttivi, non a soppressivi. La condizione è difficile ma recuperabile e soprattutto ci sono indicatori che dicono anche altro, perché se, al netto della pandemia, qui si vive più che altrove, evidentemente c’è anche qualche fattore positivo, ad esempio la qualità dell’acqua che è migliorata tantissimo. Certo, ci sono aspetti che hanno a che fare con l’aria che vanno monitorati. Da questo punto mi auguro che l’indagine epidemiologica che l’Ats ha in atto da tempo si concluda e ci dica quali sono i fattori veri di rischio così che alla luce di questa indagine approfondita possiamo intervenire in modo puntuale. Il mio è un appello all’Ats affinché la concluda o quantomeno ci dica quanto tempo serve ancora. Su questo insisterei molto, è una responsabilità che nessuno toglie al sistema. Non c’entra nulla il Comune o la Provincia, quanto l’Ats e chi ha la responsabilità della salute.

Passiamo alla politica nazionale. Che momento stiamo vivendo?

Siamo in una condizione veramente difficile, un collassamento del sistema dei partiti, la crisi delle comunità politiche, che ha molti fattori: lo scarso ricambio, il fatto che stiamo sempre più verticalizzando. Questo vuol dire che le decisioni sono sempre più apicalizzate e la forma del coinvolgimento democratico è sempre più ridotta all’osso. Noi continuiamo a chiamarci una Repubblica parlamentare, ma è una definizione formale perché nei fatti questa è una Repubblica governativa che la vicenda pandemica ha accentuato oltre misura. Mi pare che andiamo nella direzione, non da ora perché è un percorso che procede da tempo, della centralizzazione della decisione. Questo mi induce a pensare, come disse un tempo Bersani con una felice battuta, che non puoi rimettere il dentifricio nel tubetto, non è che si può far finta che tutto funzioni. C’è poco che funziona dal lato della democrazia parlamentare, ragion per cui io penso che non si debba attendere che passi la buriana, perché questa non è una buriana, è un dato ormai assodato, definitivo. Penso che serva una riforma del sistema istituzionale, che sia necessario andare verso una Repubblica sul modello francese, cioè semipresidenziale e nello steso tempo si dia corpo ai contropoteri, perché una Repubblica è forte se c’è chi decide e chi davvero controlla.

E come si arriva a una modifica così radicale del sistema?

Il contropotere non avverrà semplicemente attraverso la riduzione del numero dei parlamentari o il monocameralismo, che certo potrebbe essere un aiuto. Penso che serva un Parlamento monocamerale con forti poteri di controllo e un governo altrettanto forte con elezione diretta del capo dell’Esecutivo. Io continuo a pensare, ma so che è un pensiero forte, che il modello ideale sia quello statunitense e cioè due organi che viaggiano in parallelo ed esercitano un controllo reciproco, così da non consentire all’uno o all’altro di superare le soglie. Mi rendo conto che proporre questo è proporre troppo...

I problemi, come dice lei stesso, arrivano da lontano, però...

Sì, tutto questo è accompagnato dalla scelta sciagurata che io non ho votato, anzi, ero relatore di quella legge e mi sono dimesso, che è l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. So che è una cosa molto impopolare da dire però il fatto che ci sia stato questo atto del governo Letta, molto sollecitato dal segretario dell’epoca che era Matteo Renzi, è una scelta grave e sbagliata che ha concorso ad ammazzare le comunità politiche. Abbiamo scambiato le comunità politiche con le primarie, oppure con la rottamazione, che ha fatto più male che bene perché non aiuta il rinnovamento. Rinnovamento è quando i sistemi politici e i livelli di direzione dei partiti cambiano a staffetta, cioè dandosi la mano. Non quando arriva uno e ammazza quello che c’era prima.

Quindi, che fare in concreto?

Penso che sia necessario mettere mano al sistema politico e istituzionale e ridare una funzione importante ai partiti, che sono la base primaria di un sistema democratico. La condizione che stiamo vivendo non prende il toro per le corna, mette dei palliativi e in realtà accompagna la consunzione.

Un processo complesso, quello che sta delineando.

Sì, però sarebbe già importante che i partiti acquisissero consapevolezza, evitando di far finta di nulla. Ovviamente questo poi produce delle reazioni a cascata. Ad esempio, abbiamo alle viste scadenze importanti. La prima di queste sarà la presidenza della Repubblica, un punto di equilibrio fondamentale. E’ importante individuare un presidente della Repubblica che rappresenti questo equilibrio e nello stesso tempo rappresenti la forza e la credibilità del Paese.

Lei chi vedrebbe bene come Capo dello Stato?

Personalmente ho una fissa: l’unico in grado di rappresentare tutto questo è Mario Draghi. Il grande lavoro è impostato, come si è visto anche in queste ore sulla giustizia. Occorre farlo proseguire ma abbiamo bisogno che quella figura che rappresenta la credibilità del sistema non sia a presidio ancora per un anno e mezzo, ma almeno per i prossimi sette anni e cioè per il tempo che serve per la gestione del Recovery Plan. Credo sia più importante avere Draghi lì che non dove è ora. Vede, io non temo il voto anticipato... detta brutalmente, non scambierei un anno e mezzo per sette anni, né farei lo scempio di chiedere a Mattarella di fermarsi altri due anni. Non metterei la presidenza della Repubblica al servizio di logiche politicanti. Questo atto lo abbiamo già compiuto con Napolitano e Napolitano ce ne ha dette di tutti i colori quando abbiamo di fatto imposto questa condizione. Tutto questo anche per evitare che la Costituzione più bella del mondo generi il Parlamento più brutto del mondo. Creare precedenti in continuo diventa un fattore di rischio: non possiamo occultare l’ansia di potere con quello che è l’interesse del Paese.

Scendiamo sul locale. Anche qui la politica non se la passa benone...

A livello locale i partiti rappresentano la fotografia di quello che accade a livello generale. Purtroppo non sono più il luogo della comune elaborazione, c’è una delega totale ai livelli amministrativi. I partiti come comunità di indirizzo sono spariti. C’è il fattore positivo che è il fattore decisionale, ma c’è il fattore negativo che così non costruisci classi dirigenti diffuse, viene meno la funzione di mediazione tra l’amministrazione e la società.

Riguardo al sindaco come la vede?

E' al secondo mandato, per cui ci sarà il tema di cercare e proporre una nuova figura che sia il prodotto di una condivisione larga e questa non si fa semplicemente con le primarie, metti lì tre nomi e li metti al voto. Condivisione larga significa costruire i processi politici che insieme concorrono a individuare le opportunità per questa città. Di questo la politica locale purtroppo sembra non occuparsene, sembra che tutto si risolva nell’ambito di ciò che accade nelle mura del palazzo. A maggior ragione occorre lavorare nella direzione che dicevo.

Avverte anche lei una carenza da parte dei partiti, dunque?

Avverto quello che qualunque cultura democratica dovrebbe avvertire, lo vedono tutti, solo che il problema è come cerchi di porre rimedio. C’è anche qui il tema del rinnovamento, il tema dei giovani che stanno lontani. Dopodiché, la città è una città ben governata, ovviamente ci sono punti di criticità, lo vedo anch’io. Parlo della pulizia, dell’arredo, della cura del minuto, vedo che è un poco trasandata... Questo è in parte determinato dalla carenza di risorse, ma una maggiore attenzione lì va posta. Però, se guardo questa città… il rapporto pubblico/privato è stato benefico e questo avviene quando entrambi sono credibili, quando uno non è asservito all’altro, quando sono realtà autonome che trovano la collaborazione. Ci sono esempi che possiamo citare: c’è l'insediamento e il recupero delle ex Caserme, poi l’università, l’intervento sulla (ex caserma) Manfredini che è in corso e c’è una sinergia tra Cattolica e Politecnico. Tutto questo mette insieme pezzi di città di cui si parlava da anni, e ricordo a questo proposito Massimo Terzi (ex assessore all’Urbanistica; ndr), arrivando finalmente a un compimento. A questo aggiungo il lavoro per rafforzare la presenza delle forze dell’ordine in un luogo più confacente alle esigenze del territorio, poi il Polo Logistico, un fattore importante che richiama lavoro, e il Polo Tecnologico che è stato realizzato. Questa città in questi anni non è stata a guardarsi l’ombelico: grazie alla collaborazione pubblico/privato ha fatto davvero cose importanti. E’ una città che in questi anni ha recuperato e io non do assolutamente un giudizio negativo. 

Restano però temi aperti, come quello dell'inceneritore.

L’abbandono di posizioni ideologiche e il misurarsi con le esigenze reali è fondamentale. Il termovalorizzatore è dotato di filtri che abbattono (le emissioni) ma ha un suo tempo di vita. Se lo chiudi prima, paghi pegno e non hai di che sostituirlo… Domani sì, ma ieri e oggi no.

Occorre più tempo, quindi?

Il termovalorizzatore deve andare alla sua conclusione, nel 2029, naturalmente con tutti gli interventi fatti che dovranno essere fatti. E sarà la stessa società (il gestore; ndr) che dirà che è loro interesse chiuderlo perché se il riciclo va in estremo anche il conferimento si ridurrà. A quel punto non ha senso che A2A tenga aperti Brescia, Cremona… sarà la stessa società a dire: debbo andare alla razionalizzazione. E’ il tema del cambiamento che accompagni e non delle rotture, che sono improponibili. A riguardo vorrei ringraziare Fiorella Lazzari che credo sia stata uno degli amministratori migliori che questa terra abbia avuto.

Della vicenda Fiera cosa pensa?

E’ un punto di crisi del sistema economico provinciale e questo non ha a che fare con gli enti locali. La Fiera deve evolvere ulteriormente, è un problema di crescita d’investimento. La precedente gestione, tanto vituperata, aveva immaginato tutto questo e aveva immaginato alcune cose: il cambio della governance propedeutico a una ricapitalizzazione e un matrimonio, tant’è che si ragionava con Bologna, Parma... Purtroppo tutto questo è stato interrotto, la governance è stata riportata a tempi antichi. La Fiera ha bisogno di ricapitalizzazione. I soggetti che ora ci sono dentro o hanno i soldi per ricapitalizzare oppure devono rendersi conto che devono farsi da parte o comunque vedere ridotta la loro funzione, perché i soggetti che porteranno capitale vorranno avere voce in capitolo. Il tema è che servono capitali freschi e i soggetti attuali non sono in grado di portarne. Altra cosa importante è che l’individuazione del capitale ha come premessa un progetto. Ora, lì è immaginato un progetto, vediamo dove andrà a parare però questo progetto dovrà essere in grado di incrociarsi con altre fiere. La Fiera di Cremona non è nella condizione di essere piena di debiti ma servono nuovi soldi: questa è la sfida. Il tema non è che la Regione dica: scelgo Cremona e non Montichiari, significa non conoscere i rapporti di forza... La Fiera deve ampliare. Cremona deve andare avanti “tripartita” (Cremonese, Cremasco, Casalasco; ndr) o vuole essere in grado di rappresentare tutte le sue eccellenze? Per fare questo, la Fiera può mettersi in moto. Abbiamo eccellenze che nessuno si immagina, sono tantissime: la fiera diventi vetrina di tutto questo, le valorizzi. Serve consapevolezza della politica e serve, da parte del sistema associativo, che investa per dirigerla. A me non interessa il colore del gatto, purché acchiappi il topo e per me il topo da acchiappare è una fiera che si rilancia, con capitali cremonesi o non cremonesi.

Autostrada Cremona-Mantova. Sappiamo che è favorevole...

Non sono innamorato dell’autostrada, sono innamorato del collegamento medio padano che muove da Milano e mi porta all’Adriatico, perché Cremona è un territorio molto servito ai lati ma che nel mezzo non ha praticamente niente, ha una viabilità debole. L’asse di mezzo è ben servito fino a Crema, allora servirebbe completare Cremona-Crema e Cremona-Mantova. Anche questa storia dell’inquinamento… ormai si va verso l’elettrico e l’idrogeno, prima o poi ci arriveremo, per cui il problema non è l’autostrada ma chi ci va sopra. Contrapporre in continuazione il livello stradale alla ferrovia è un’autentica follia. Allo Stato dovremmo richiedere tante risorse, ma lo Stato in un fazzoletto come è la provincia di Cremona non metterà i soldi per rifare la Cremona-Mantova, rifare il ponte di Casalmaggiore, fare il nuovo ponte Verdi e le opere compensative. Non li ha questi soldi, quindi noi dovremmo chiedere allo Stato di intervenire solo sulle competenze che gli sono tornate in capo, i ponti assolutamente, poi intervenire sull’Asolana... A questo punto l’autostrada diventa un fattore economico più abbordabile perché dividiamo le fonti di finanziamento: qui regionali, che possono andare al recupero con il pedaggio, là statali, a fondo perduto per fare le altre opere. Rimane il buco della Castelleonese e quella è una strada regionale quindi vedremo nel corso del tempo come risolvere quel buco.

Quindi dal suo punto di vista l’autostrada ha senso anche per un fattore economico.

Sì, Stradivaria ha terminato un progetto considerato di ottima qualità e che la Regione assumerà, ma Stradivaria non ha le spalle per realizzare l’opera. La Regione ha previsto 25 milioni che servono a ristorare la società (Stradivaria). A questo punto il progetto è della Regione e questa può decidere in autonomia come procedere. Può farlo in proprio o bandendo una nuova gara. Io spero in proprio perché con la gara si va a tempi lunghi. Da questo lato, tra virgolette, considero che l’autostrada non è mai stata così vicina. Poi, l’altra cosa che si sta chiedendo di fare è l’elettrificazione della ferrovia Parma-Brescia. Su questo sto lavorando, sto cercando di inserirla tra le priorità.

Altro tema è il nuovo Ospedale di Cremona.

Una scelta che condivido moltissimo. Inizialmente avevo qualche perplessità, temevo che indebolisse il sistema territoriale, tanto che avevo chiesto al direttore generale di dire se ci fosse la necessità di una nuova struttura. Lui, dopo aver fatto una serie di valutazioni, ha ritenuto che la scelta migliore fosse un nuovo Ospedale con argomentazioni che ho trovato più che convincenti e da qui è iniziato il mio impegno a favore della nuova struttura. Anche perché spendere 250 milioni di euro per ristrutturare il vecchio e spenderne 350 per fare il nuovo… E’ pur vero che i 250 milioni servivano per fare l’antincendio e l’antisismica, ma poi si sarebbe dovuto adattare la struttura alle esigenze nuove messe in evidenza dalla pandemia. Pertanto la cosa è importante, da sostenere e la Regione la scelta l’ha già fatta. In tutto questo noi, come territorio, dobbiamo avere voce in capitolo, perché l’ospedale è funzionale per due cose, soprattutto. La prima: che venga strutturato sulla base delle specialità che hanno a che fare con le patologie del territorio. E poi penso che in questo modo l’ospedale si approcci meglio ai nuovi modelli di cura e può essere propedeutico a far sì che qui ci sia un Dea (Dipartimento Emergenza e Accettazione) di secondo livello. Insomma, il nuovo ospedale è funzionale all’innalzamento della qualità dell’offerta sanitaria, cosa che non avremmo mai potuto immaginare semplicemente ristrutturando il vecchio. Attenzione: questa cosa non va a detrimento dell’Oglio Po, al quale sono già destinati 34 milioni di euro. Io non credo, lo dico chiaramente, all’ASST autonoma casalasca, ora come ora un riassetto non è immaginabile. Sarebbe un’azienda talmente piccola da non essere appetita dai medici. Sarebbe di fatto un declassamento.

Onorevole, che idee ha per il suo futuro politico?

C’è tanto tempo davanti. Di certo non mi ricandiderò.

 

Federico Centenari


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commenti


Gianmario Confortini

10 luglio 2021 09:52

Mi verrebbe da dire: tu vuoi fà l’americano.
le proposte di riforme istituzionali, politiche e programmatiche di Pizzetti, sono tutte nel segno di un ulteriore svuotamento della democrazia a favore di un modello dove impera il Capitale, cioè la radice-causa delle tre crisi che stiamo attraversando: economico-ecologica, sociale e pandemica: quindi nessuna soluzione ma proposte per una continuità reazionaria e conservatrice.

Michele de Crecchio

11 luglio 2021 13:19

L'intervista a Pizzetti, molto ben condotta, mi ha anche molto interessato. L'ho trovato convincente soprattutto quando parla dell'argomento nel quale è certamente molto competente e che, probabilmente, vive con disagio anche sul piano personale e cioè quando parla della tragica fase attraversata attualmente dai partiti che dovrebbero essere il perno della vera democrazia politica e che, purtroppo, si stanno trasformando sempre più in semplici "comitati elettorali" sul modello USA che Maurice Duverger già ben descriveva mezzo secolo or sono. Sul resto l'ho trovato invece molto deludente, soprattutto quando, senza la passione che dovrebbe animare i leader politici, si limita a tentare, con la capacità dialettica che è impossibile non riconoscergli, di giustificare per il territorio cremonese inopportune scelte del passato o mortificanti proposte per il futuro delle quali è stato, ed è, se non l'ideatore, molto spesso un troppo acritico facilitatore.