14 aprile 2021

Nelson White e quel suo viaggio a Cremona negli appunti tra torrone, dialetto e arte

 

Waterford, nel Connecticut, è piccola ma graziosa città nel nord est degli Stati Uniti. Neanche 20000 abitanti, una vita nel complesso tranquilla, un reddito medio tra i più alti degli Stati Uniti, ampie aree verdi che vedono i suoi promontori “buttarsi”direttamente nell'Oceano Atlantico quasi come la punta di una lancia schiacciata tra le metropoli di New York e Boston. A Waterford e nel Connecticut l'arte è una cosa importante, gli investimenti – ma anche le speculazioni – nel mondo artistico sono notevoli e abbracciano varie parti del mondo artistico statunitense ma non solo, così come il perfido clima del Connecticut è capace di escursioni termiche di decine di gradi in pochi minuti il valore delle tele o delle sculture oscilla con enorme facilità.

“Basta saper aspettare” diceva di quei luoghi Mark Twain riferendosi ai repentini cambi climatici, stesse parole che spesso si sentono da parte dei collezionisti d'arte nelle case d'asta quando qualcosa vale ancora troppo o troppo poco a seconda del punto di vista. In Connecticut gli affari li sanno fare, sia nella finanza che nell'arte e questo fatto aiuta di certo il piccolo Davide a sopravvivere tranquillamente pur pressato tra i due Golia ovvero due tra le città più importanti degli Stati Uniti. Lungo quelle coste frastagliate che guardano con distacco la parte più lontana dell'isola di Long Island nacque nel 1900 Nelson Cooke White, figlio di un pittore e collezionista Henry, una di quelle persone che aveva sempre creduto nell'importanza di trasmettere e far capire il valore dell'arte non solo dopo che un battitore ha urlato “aggiudicato” ma, soprattutto, per raffinare il pensiero fin da quando si è bambini e far crescere la conoscenza degli stessi, nella speranza che quella conoscenza si trasformi in un futuro più roseo per la collettività. Per far capire bene questo a suo figlio Nelson sarà Henry che, nel 1910, prenderà per mano il suo bambino accompagnandolo all'inaugurazione della Connecticut Academy of Fine Arts, accademia delle belle arti fortemente voluta e creata da Henry con alcuni suoi colleghi e diventata poi punto focale del movimento artistico del Connecticut. Ma torniamo a Nelson, ragazzino che dopo le scuole in città prende alla lettera l'insegnamento del padre e rivolge le sue attenzioni allo studio dell'arte e della pittura in particolar modo, si laurea alla prestigiosa New York Academy of Design per poi perfezionarsi in belle arti alla altrettanto prestigiosa Yale University, due università dove o impari o devi imparare per poterti laureare. La vita di Nelson sarà per e nella pittura, una sua scelta irrinunciabile così come quella di conoscere e sposare Aida Rovetti, classe 1897, dal cognome non proprio statunitense ma nata nel Connecticut.

La storia di Aida segue passo per passo le migrazioni del 1800 dall'Europa al “Nuovo mondo”; Aida, nome emblematico per chi abita tra Busseto e Cremona, nasce negli Stati Uniti da Carlo Rovetti e Caterina Mazzoni, coppia di emigranti arrivati negli States da Cremona nel 1895 circa. Già Cremona, città che Nelson aveva solo visto e dipinto nei suoi occhi con i suoi colori tipici fino al fatidico 30 gennaio 1928 quando, dopo essersi sposato con Aida, si imbarcheranno per un viaggio di nozze in Europa decidendo di passare per Cremona per incontrare i parenti di lei. Aida aveva vissuto in città tra i 9 e i 12 anni e probabilmente, sarà lei a fare da cicerone a Nelson in quel mese e più passato in Europa dove la città del Torrazzo aveva rappresentato per il pittore la scoperta di una perla di rara bellezza, unica nel suo genere ma, soprattutto, unica nel modo di essere.

Il racconto cremonese che Nelson affiderà agli archivi del prestigioso Smithsonian Museum insieme alla storia della sua vita è qualcosa che supera l'immaginazione, non è solo il rapporto tra un pittore e i colori che animano una piccola città appoggiata sul fiume Po, ma è la vita quotidiana scandita dal “dialetto” che trasforma un dipinto di piazza del Duomo forse presente a casa Rovetti in un tributo che va oltre l'immaginazione dell'arte che circonda quotidianamente i cittadini cremonesi. Cremona non è solo le case con gli stucchi o il colore unico della terra cotta dei suoi mattoni, ma molto di più, Nelson usa termini in italiano per rafforzare il suo racconto scritto in inglese, descrive le strane “grotte” di Piazza Roma in pieno centro, di come il Torrazzo svetti al di sopra della altezza media delle case in un contesto che però segue sempre i canoni della bellezza architettonica. La coppia sembra capitata a Cremona durante un periodo fortunato, niente nebbia ma un sole che illumina di traverso il Battistero esaltandone la forma e il perfetto apparentamento dei colori. In Piazza Mercato le urla dei venditori che offrono prodotti e il ritmico vociare delle signore intente a fare la spesa si mischiano all'ombra di quel Palazzo Comunale che lascia Nelson a bocca aperta per le sue forme semplici ma perfettamente bilanciate.

E' una normale mattina a Cremona quando Nelson decide di visitare il Duomo mentre fuori, sulla piazza, c'è il mercato degli agricoltori dove vengono venduti cavalli o carri pieni di fieno. Dentro la cattedrale il silenzio aiuta il turista ad contemplare quel luogo che, vista la bellezza, non si è mai finito di ammirare. Nelson scriverà nel suo racconto che, vista l'incredibile livello di bellezza della città e della sua chiesa principale, si renderà conto di aver passato 2 ore all'interno della stessa studiandone solo una piccola parte, provando un senso quasi di invidia per i cittadini cremonesi che potevano ammirarlo ogni giorno. Uscendo dalla cattedrale racconta di come, dopo che sua moglie l'ha lasciato in Piazza del Duomo per andare a casa a preparare il pranzo, riuscirà a finire come “un perfetto turista americano” nella micidiale trappola dei venditori che, grazie al dialetto parlato con eccezionale velocità e con gesti sempre molto teatrali, sembravano in grado di capire perfettamente anche la lingua d'oltreoceano. Il risultato sarà che, per comprare un mazzo di fiori da portare ai parenti di Aida, tornerà a casa con tre mazzi di fiori, una decina di saponette e una bottiglia di Vermouth, in una sorta di miracolosa moltiplicazione di prodotti per lo più inutili in quanto perfettamente disponibili in casa dei parenti di Aida.

La Cremona di Nelson è anche Sant'Agostino dove il pittore rimane per più di un ora ad ammirare, sfruttando una perfetta luce che illumina il quadro di traverso, la Madonna con il Bambino dipinta dal Perugino, quadro che aveva studiato durante il suo periodo a Yale e che, ai quei tempi, era raccontato come dipinto con una certa semplicità ma dotato di una profondità espressiva enorme. Passeggiando per Cremona mentre sgranocchia un pezzo di torrone Nelson osserva le vetrine, coloratissime, dei negozi, le fogge ancora più colorate dei vestiti e capisce che la vita di Cremona non è solo Stradivari, ma in questa piccola città è racchiusa un pezzo di storia e di bellezza architettonica che può essere capita solo se fatta vivere dalle persone che vi abitano. Dopo aver comprato alcuni vasetti di mostarda e aver svegliato il vetturino che si era tranquillamente addormentato in Piazza Roma per la coppia statunitense è arrivato il momento di lasciare Cremona in direzione Pompei, ma tra le tappe europee del pittore quella che si era rivelata unica era proprio la città del Torrazzo, tanto unica da raccontarla non solo per le opere, ma anche per le persone, persone che contribuiscono a rendere Cremona una città da ammirare.

Marco Bragazzi


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