29 maggio 2021

Samuel e quei violini nati dal legno delle demolizioni degli anni '30 a New York

A' la guerre comme à la guerre rappresenta, purtroppo, un motto sempre più attuale. Che sia fatta dagli eserciti o da valori economici questo adagio dimostra di come bisogna sapersi adattare a quello di cui si dispone perché ciò che manca, a parte i sogni, forse non arriverà mai.

La storia di Samuel A. Stochek è quella di una strana storia d'amore e di un sogno. L'amore, quel sentimento che ogni persona tende a vivere in maniera personale e che ha la capacità di farci avvicinare e la guerra, quella serie di eventi che, invece, hanno la pessima abitudine di riuscire a separarci da persone o cose. La New York della prima parte degli anni '30 è quella che si lecca le ferite prima di rialzarsi in piedi. Gli anni dopo il crollo dei valori economici del 1929 sono rappresentati in maniera feroce dalle fotografie della città che non dorme mai segnata delle lunghe file di persone alla ricerca di un pasto caldo a Little Italy, a Greenwich o a Union Square.

Il sindaco di allora è Fiorello La Guardia, nome poco americano ma forte di sentimenti molto americani, il quale decide di velocizzare la cura delle ferite con un programma di abbattimento e di ricostruzione di molti edifici di varie parti della città.

Samuel comincia in questo periodo la sua storia d'amore, il sentimento che prova verso la liuteria è profondo e radicato, il ragazzo decide che il suo futuro sarà quello legato alla creazione strumenti musicali. La liuteria diventa la sua passione, il suo amore, il suo futuro. Cremona è troppo distante per potersela permettere ma la storia di Stradivarius e dei Guarneris la trovi dappertutto, sui giornali, sui libri o nella tradizione orale di chi i violini li suona o li apprezza. Quei nomi sono presenti nelle case d'aste più importanti, negli articoli dedicati alle orchestre più famose o sulle labbra di chiunque voglia suonare un violino.

E' un rapporto non facile quello tra Samuel e il legno da lavorare con le sgorbie e le pialle, lui vive all'ombra di quella città che sta rinascendo lontana, troppo lontana dall'abete rosso della Val di Fiemme o dall'acero dei Balcani che da secoli animavano le botteghe della città del Torrazzo.

Samuel fa quello che può: trova il legno, studia, pialla, misura, ottiene violini che comunque vengono apprezzati nel rispetto di quel legno che tanto faticosamente riusciva a recuperare dall'altra parte dell'Oceano Atlantico. Fiorello, invece, deve prendere decisioni anche pesanti, programma diversi abbattimenti di costruzioni cadute in malasorte e non più riaperte dopo la crisi del '29, ed ecco sparire dal profilo di Manhattan alcuni edifici che fecero la storia della città delle mille luci fin dall'inizio del XX secolo. Spariscono alberghi e ballroom nati o rinati con la fine della Prima Guerra Mondiale, luoghi dove le pesanti porte in legno massello venivano aperte da ragazzini svegli nel capire i clienti, ragazzini che lavoravano con i guanti bianchi e le divise dei locali dove le scarpe da ballo con i tacchi rinforzati in ferro schioccavano come colpi di frusta sui pavimenti in legno sempre lucidissimi. Erano i tempi in cui quella Grande Guerra appena terminata, che prima aveva allontanato e cambiato i sentimenti delle persone, aveva finito fortunatamente il suo corso e lasciato spazio alle mille luci, ai divertimenti e alle orchestre che suonavano lo swing o l'hot jazz.

Samuel vive abbastanza bene durante questi cambiamenti ma le tempeste della Seconda Guerra Mondiale sapranno allontanarlo ancora di più dal suo amore. Questa volta la situazione per lui è impossibile da risolvere, la Seconda Guerra Mondiale blocca le esportazioni di legno, le foreste, come nella Grande Guerra, vengono disboscate per “esigenze belliche”. A New York l'abete della Val di Fiemme diventa un sogno. L'amore di Samuel è più forte di qualsiasi cosa ma senza il legno, quello buono che può andare bene per fare i violini, quello tanto vale dedicarsi ad altro, tanto vale abbandonare quel sentimento che lo legava alla sua vita. Samuel vede il profilo della sua città in continuo mutamento, conosce quei locali destinati a finire sotto il maglio delle perforatrici o i denti delle ruspe, capisce che quel sentimento può continuare a vivere anche alla distruzione o alle foreste disboscate.

Comincia a girare nei cantieri cittadini cercando legno destinato a marcire o a finire nei camini, trova assi, porte, banconi dei bar che avevano segnato un epoca d'oro e di ragazzini con i guanti bianchi. Recupera quel legno, lo seleziona, lo analizza e scopre che il suo amore può continuare a vivere superando quelle mancanze che accompagnavano ogni persona. Certo, in Europa si moriva o si pativa la fame, i violini nel vecchio continente diventano magari dei bei momenti in periodi crudeli, ma per Samuel i violini rappresentavano la vita e così, tra il legno macchiato da un cocktail o le assi sulle quali si svolgevano le gare di ballo rinasce in lui quel sentimento mai dimenticato.

I suoi violini finiscono nelle mani di diversi musicisti più o meno bravi, per Samuel questo non era fondamentale, chi possiede uno strumento lo rispetta e lo apprezza anche se è stato creato da una porta girevole che guardava le cucine di un albergo. Tra le orchestre di New York che rinascono dopo il 1945 diventa facile trovare un violino fatto da Samuel, i musicisti lo sanno ma rispettano il suono e la passione di questo liutaio, passione che ha saputo andare oltre le ristrettezze della guerra. Negli anni il liutaio della grande mela porterà avanti la sua attività dimostrando che A' la guerre comme à la guerre è un adagio sempre attuale ma che può essere, almeno in parte, superato.

Marco Bragazzi


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