18 ottobre 2023

Le Radici Amare di Soncino: verdura fenomenale che fa bene e merita attenzione. Domenica è tempo di Sagra

La radice amara (pescando qua e là dal web) è una gustosissima verdura invernale e un prodotto caratteristico del territorio circostante l'antico Borgo di Soncino: per la cronaca uno dei Borghi più belli d’Italia, ubicato in provincia di Cremona. Si tratta di una varietà di cicoria, la Cichorium intybus, una pianta erbacea perenne dai vivaci fiori celesti, appartenente alla famiglia Asteraceae.
Ricco di storia e perno di tradizioni culinarie locali decennali, questo prodotto ha un sapore unico, leggermente amarognolo e la sua forma ricorda quella di una carota. Alimento diffusissimo nell'immediato dopoguerra (quando ne venivano prodotti ben 100.000 quintali l’anno), ora è sempre più difficile da trovare, ma non disperate.
Se non riuscite a recuperarla dal vostro ortofrutta di fiducia, potete sempre gustarla a Soncino, dove domenica 22 ottobre, appunto ritorna la Sagra delle Radici, ovviamente nel PopBorgo soncinese. Durante questa tradizionale festa, uomini e donne in costume dell’epoca fanno cuocere in grossi pentoloni le radici, preparate il giorno precedente in acqua e limone, e le distribuiscono con salamelle e vino novello ai tavoli sistemati sotto i portici della piazza del Comune.
Lo scopo è divulgare la conoscenza di questo alimento e far conoscere le sue proprietà organolettiche e gastronomiche. Ovviamente divertendosi. Un po’ di storia? Allora, la prima testimonianza giunta fino a noi in merito all’utilizzo della radice amara risale al Papiro di Ebers del 1550 a.C.. Era molto diffusa anche fra gli antichi greci e romani, che la consigliavano come rimedio contro le malattie del fegato.
Le sue proprietà curative sono tantissime, in particolare:

  • favoriscono l'assorbimento del ferro e sono adatte per chi soffre di anemia;
  • attivano in modo selettivo la crescita nel colon dei famigerati batteri Bifidus, che evitano i processi di fermentazione nello stomaco;
  • contengono l'inulina, che produce benefici effetti sull'intestino e sul sangue.
  • svolgono un’azione depurativa eccezionale
  • hanno un’azione disintossicante su intestino, fegato e reni.

La radice amara contiene, anche, sostanze grezze quali cellulosa lignina, emicellulosa e pectina, particolarmente indicate per stitichezza, rigonfiamento dell'intestino, meteorismo e diabete. 
Inoltre, è ricca di vitamina B1, B2, B6 e C, fosforo, potassio, magnesio, sodio, acido nicotinico e ferro.

La proposta più scontata per proporle in tavola, è quella del contorno, lessate in acqua ed aceto e condite con un filo d’olio extravergine d’oliva, sale e pepe, ma rendono molto bene anche gratinate in forno o accompagnate da salse come una bagna cauda o yogurt condito. I nostri nonni ne facevano caffè utilizzando le radici essiccate e torrefatte, ma per conservarle una soluzione ottimale è quella del sottolio. Anche l’idea di provarla come base aromatizzante per il miele può dare grandi soddisfazioni. Come trattarle? La pulizia può essere un po’ noiosa, ma ecco un trucco: sacrificate una spugnetta da cucina e le grattate con la parte ruvida, ciò vi semplificherà la vita. A questo punto si possono lessare: patrimonio comune vuole che sia bene aggiungere un po’ di limone e/o aceto all’acqua. In realtà il suggerimento, per fare andare via un po’ di amaro, è di mettere nell’acqua una carota tagliata a pezzi. Si mangiano tiepide o fredde, condite tipicamente con olio evo, sale, limone (e aceto, a chi piace) e aglio. A Chiavari (arrivano infatti dalla Liguria, originalmente parlando) ci mettono anche l’acciuga sott’olio, e la radice diventa gourmet! Sono perfette da abbinare a secondi di carni grasse, perché ‘spurgano’. Oppure si possono in un secondo tempo gratinare al forno, aggiungendo magari un formaggio dolce. Per quanto riguarda la conservazione, è bene metterle in un sacchetto di plastica in frigo per conservare l’umidità. Ma attenzione, c’è una grande differenza tra le radici bianche amare tuberformi e quelle “a grissino” (come quella di Soncino). Mentre le prime non darebbero impulso a una nuova pianta, e dunque col passare dei giorni appassiscono, si afflosciano, le seconde sono ‘vive’ e continuano a ‘lavorare’: il ciuffetto verde cresce e fiorisce, la radice può buttare altre radicette mentre lei diventa sempre più dura, legnosa. Nel giro di una settimana avrà la consistenza di un osso! Infatti ‘i vecchi’ ai tempi in cui non si buttava davvero via nulla, quando anche erano già dure spesso le facevano bollire a lunghissimo per poi scalpellar via la parte oramai inutilizzabile. Conclusione: mangiarle il prima possibile! Ancora qualche idea sul come? Vellutate, abbinandole e mescolandole con le nostrane, amabili patate. O crocchette (magari insieme a legumi e sapori).

Note agrotecniche tra storia, leggenda e realtà? Eccole: La radice amara di Soncino viene coltivata in terreni freschi, profondi, non eccessivamente ricchi di elementi nutritivi e ben drenati. Per questo motivo si preferiscono infatti i terreni sabbiosi costituiti che si trovano in stato di decalcificazione e caratterizzati da estati piovose e non troppo calde, autunni asciutti e inverni freddi. Queste caratteristiche possono essere trovate nelle cosiddette “zone dei fontanili”, terreni lungo la valle dell’Oglio e che oggi ospitano questa coltivazione.
I semi vengono messi a dimora nel terreno a luglio e appena si formano le prime foglioline si può procedere con il diradamento per consentire un buon sviluppo e uno spazio adeguato di crescita. A seconda della stagione, si procede con le irrigazioni così da evitare che la radici diventi troppo legnosa.
La raccolta inizia con il debutto della stagione autunnale: usando un particolare aratro, la terra viene rivoltata e si procede alla raccolta manuale dei fittoni (la radice principale) che vengono messi all’interno di cassoni prima di essere lavati e infine confezionati. Un tempo venivano immerse nell’acqua fresca delle risorgive poi trasportate ai centri di raccolta. Secondo la tradizione contadina, questa coltura deve attuare una rotazione decennale affinché il terreno abbia la possibilità di rinnovare le caratteristiche necessarie per ottenere un prodotto di qualità.

È una verdura prettamente invernale che viene servita come contorno oppure come piatto principale. La radice amara può essere protagonista di moltissime ricette: gratinata, in camicia o, come vuole la tradizione gastronomica, lessata per fare da contorno al cotechino o al salame da pentola.

La diffusione a Soncino di tale ortaggio viene attribuita a due famiglie, gli Zuccotti e i Grazioli, dell’inizio del Novecento. Si dice che recatosi a Genova, Francesco Grazioli notò presso un deposito alcuni sacchi provenienti dall’Olanda e destinati al mittente come merce respinta. Incuriosito e chieste informazioni ottenne un sacchetto di juta contenente la semente delle radici. Così, nell’estate del 1907 Grazioli seminò 5 pertiche di terreno nel comune di Soncino. Da principio si consumavano le foglie, poi l’interesse si spostò sulla radice ritenuta più gradevole. La produzione raggiunse nel tempo notevole interesse economico sia per i produttori che per la manodopera occupata, soprattutto negli anni Sessanta.
Attualmente la produzione è in costante riduzione ed è portata avanti da due soli produttori che lavoro sul mercato locale e in parte commercializzano tramite qualche bottega specializzata.

 

Stefano Mauri


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